Bilinguismo e Intelligenza: mitologie e risorse effettive per chi nasce e cresce in un contesto multilingue

Sono sempre di più i bambini che nascono e crescono in un contesto di migrazione; la maggior parte di loro è inserita in un ambiente bilingue, caratterizzato dalla differenza tra la lingua della casa e la lingua del mondo esterno, tuttavia il bilinguismo spesso si presenta anche all’interno delle mura domestiche qualora i genitori appartengano […]

Sono sempre di più i bambini che nascono e crescono in un contesto di migrazione; la maggior parte di loro è inserita in un ambiente bilingue, caratterizzato dalla differenza tra la lingua della casa e la lingua del mondo esterno, tuttavia il bilinguismo spesso si presenta anche all’interno delle mura domestiche qualora i genitori appartengano a due universi linguistici differenti, di cui le coppie miste rappresentano l’archetipo ideale.

È diffusa la credenza che nascere e svilupparsi all’interno di un contesto bilingue rappresenti una grande opportunità piuttosto che un punto di svantaggio, ed effettivamente ad oggi esistono  numerosi studi a conferma che il bilinguismo, soprattutto se acquisito durante l’infanzia, sia in grado stimolare numerose abilità cognitive e non solo1.

Prima di esplorare quali particolari benefici possa comportare l’acquisizione di più idiomi durante la crescita, cerchiamo di dare una definizione del fenomeno.

Non tutte le persone che parlano più lingue si possono definire bilingui. Occorre non solo apprendere la lingua, ma soprattutto usarla e saperla usare contestualmente ai significati che la stessa veicola in quanto tale.

Si può definire bilingue infatti, chi si trova in una configurazione familiare o sociale che lo porta a sviluppare competenze linguistiche doppie. Ci si riferisce quindi alla particolare flessibilità e alla capacità di adattare il proprio codice al contesto alternandone l’uso, mantenendo la consapevolezza di conservare oltre che le due lingue anche i due diversi sistemi culturali sottostanti2.

Il bilinguismo in quest’ottica rappresenta un fenomeno particolarmente complesso e come tale, la sua definizione non può essere data se non viene presa in considerazione la molteplicità degli aspetti che possono caratterizzare questa condizione. Dal punto di vista delletà dell’acquisizione, possiamo parlare di un bilinguismo simultaneo quando il bambino è esposto a due o più lingue entro il primo anno di vita o di un bilinguismo consecutivo quando il bambino inizia ad apprendere una seconda lingua dopo aver raggiunto buone competenze nella lingua madre. Quando invece la seconda lingua viene appresa in un’età superiore ai 6/7 anni si parla di bilinguismo tardivo.

Il bambino bilingue può appartenere a due tipi di comunità etnolinguistiche: farà parte della comunità etnolinguistica di maggioranza quando vivrà in una comunità di individui che usano la lingua parlata dalla maggior parte dei membri della stessa comunità; rientrerà in una comunità etnolinguistica di minoranza quando farà parte di di quegli individui che appartengono a un gruppo culturale di minoranza, che parla una lingua minoritaria. Questa distinzione viene spesso usata per porre l’accento sulle differenze di status e di potere sociale che le due appartenenze implicano all’interno della società allargata.

L’ultima distinzione si ha in riferimento alla differenza di fluenza e competenza delle due lingue: si ha un bilinguismo bilanciato quando il bambino raggiunge lo stesso livello di competenza in entrambi gli idiomi; questa configurazione è assai rara; infatti, molto più spesso negli individui si riscontra un bilinguismo dominante caratterizzato da una maggiore fluenza e competenza di una lingua rispetto all’altra.

In alcuni contesti storico-culturali come quello europeo dell’età moderna, si credeva che i bambini bilingue sin dalla nascita rischiassero di presentare con una probabilità maggiore rispetto al resto della popolazione, stati di confusione mentale, un’intelligenza meno sviluppata se non addirittura una vera e propria personalità schizofrenica.

Oggi queste credenze sono state letteralmente smantellate da numerosi studi che sostengono una visione diametralmente opposta: imparare due lingue da piccoli sembra migliorare un’ampia gamma di capacità cognitive, le quali renderebbero la nostra mente maggiormente capace di muoversi in più attività contemporaneamente, di concentrarsi in un ambiente con molti stimoli e, in sostanza, di rendere più intelligenti questi bambini e di proteggerli dall’insorgenza di sindromi degenerative del SNC come la demenza senile o il morbo di Alzheimer3.

Non tutti i ricercatori tuttavia attribuiscono in toto ai benefici che le numerose ricerche pubblicate associano allo stesso.

Una vasta analisi condotta su 169 ricerche prodotte sul tema del bilinguismo e sugli effetti positivi che esso apportava alle abilità cognitive dei bambini, condotta da alcuni ricercatori dell’Università di Edimburgo e dell’Università di Sassari, sembra ridimensionare l’effetto di potenziamento che l’apprendimento di più lingue nell’infanzia apporta alle capacità cognitive dell’individuo4. Sembrerebbero essere numerosi infatti, gli studi che non hanno trovato pubblicazione i cui risultati discordano con questa ipotesi. Come spesso accade, studi che hanno come risultato la disconferma dell’ipotesi iniziale faticano a trovare spazio nelle riviste scientifiche poiché si tende a considerare poco interessante una ricerca che in sostanza smentisce una teoria senza produrne una sostitutiva.

Questo effetto, noto come bias di pubblicazione, nel caso del bilinguismo sembrerebbe aver sovrastimato gli effetti positivi del bilinguismo, sottostimando allo stesso tempo i fattori critici di tale esposizione. Come gli stessi conduttori dello studio affermano, non si tratta di sostenere che l’apprendimento di più lingue nell’infanzia sia nocivo, o possa portare ad effetti dannosi per la salute delle persone così come si credeva nell’800, tutt’altro. Inequivocabilmente gli effetti positivi del bilinguismo esistono, tuttavia forse si dovrebbe cercare di ridimensionare l’entusiasmo verso questa condizione basandoci sulla totalità delle informazioni che ad oggi si hanno a disposizione per valutare questo tema.

Il cervello ha bisogno di allenarsi; in questo senso, imparare e parlare due o più lingue sembra essere un buon fattore di protezione per alcuni disordini degenerativi del nostro sistema nervoso centrale. Se i benefici relativi allo sviluppo del cervello in età infantile non sono esattamente quelli che ci aspettavamo, il vantaggio che si ha nel mantenere attive e usare regolarmente molteplici situazioni linguistiche pare molto più chiaro.

Con le nostre lingue diamo un senso a ciò che attraversiamo influenzando il modo in cui descriviamo e vediamo ciò che accade; per ogni idioma esiste un punto di vista differente con cui guardare e narrare i fatti del mondo. Il bilinguismo in questo senso sembra garantire una molteplicità di prospettive che favorisce negli individui l’apertura mentale e la competenza interculturale poiché rappresenta di per sé un affinato strumento di comprensione ed interpretazione dei contesti. Aiuta le persone ad aprirsi e a comprende l’alterità, rende effettivamente le persone multiculturali, un vantaggio significativo in un contesto come quello dell’espatrio in cui la comprensione dell’altro e la capacità di comunicare efficacemente attraverso la molteplicità dei canali verbali e non verbali risulta essere un’abilità vitale quando si viaggia e si incontrano nuove culture e nuove persone.

Note

  • Bonifacci, P., Cappello, G., & Bellocchi, S. (2012). Linguaggio e cognizione: implicazioni dal bilinguismo. Rivista Italiana di Filosofia del Linguaggio, 5, 7-21.
  • Conoscere il Bilinguismo. Paper della Federazione Logopedisti Italiani sez. Emilia Romagna a cura dell’Associazione L’intreccio.
  1. Per approfondimento si veda: Golash‐Boza, T. (2005). Assessing the Advantages of Bilingualism for the Children of Immigrants. International Migration Review, 39(3), 721-753. oppure Latham, A. S. (1998). The Advantages of Bilingualism. Educational Leadership, 56(3), 79-80.
  2. de Bruin, A., Treccani, B., & Della Sala, S. (2015). Cognitive advantage in bilingualism: An example of publication bias? Psychological Science, 26(1), 99-107.