L’eredità di Freud (sulla sessualità)

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L’eredità di Freud

L’eredità di Freud: una riflessione sulla sua visione (rivoluzionaria) della sessualità 

 

“Che cosa ci si può proporre di ottenere rifiutando ai bambini – o diciamo ai ragazzi – tali spiegazioni sulla vita sessuale dell’uomo? Si teme forse di risvegliare precocemente il loro interesse per queste cose, prima che si risvegli in loro spontaneamente? O si spera occultando le cose di poter trattenere la pulsione sessuale fino a che possa imboccare le sole strade che le sono aperte dall’ordinamento sociale borghese?” 

[da S. Freud, Istruzione sessuale dei bambini, 1907.]

 

Freud, la psicoanalisi “incarnata”

Nell’immaginario comune la psicoanalisi e, per estensione, la psicologia tutta, sono indissolubilmente legate a un personaggio ben identificabile. Una figura austera, dallo sguardo inquisitore, un paio di occhiali tondi, un sigaro in mano, l’immancabile lettino e il rebus è presto risolto. Semplificazioni ed equivoci fanno sì che Freud rappresenti la psicoanalisi “incarnata”. Riassume in sé lo stereotipo dello psicologo, nonostante la professione abbia intrapreso percorsi anche molto differenti. A risentirne è la psicologia stessa, che per i pregiudizi legati alla sua figura si trova tuttora a lottare contro lo scetticismo. 

 

La figura controversa di Freud  rimane intrisa di un’aura misteriosa, abbondantemente corredata da falsi miti e aneddoti. La curiosità per il personaggio assume una connotazione quasi morbosa: Freud stesso, per deformazione professionale, vi avrebbe probabilmente intravisto una qualche forma di ossessione. Le sue teorie si sono prestate a misinterpretazioni che hanno prodotto luoghi comuni tuttora difficili da sfatare. C’è chi riconosce il valore della sua attività di pioniere – di “conquistador”, come lui stesso si definì – e chi, invece, ne rigetta le idee con l’accusa di pseudoscientificità e pansessualismo.

Se tutto in psicoanalisi sembra banalmente riconducibile a Freud nei termini di avvicinamento o allontanamento dalle sue posizioni, tutto, in Freud, sembra riconducibile al sesso. Il giovane Sigmund, infatti, sembra essersi interessato precocemente all’indagine della sessualità. All’università si dedicò alla vivisezione delle anguille per esaminarne gli organi sessuali: una curiosa coincidenza, o forse una premonizione della vita professionale successiva. 

Questa settimana ci concediamo di andare un po’ fuori tema per dedicarci ai festeggiamenti per il suo compleanno. E per esplorare la sua visione della sessualità, che tanto impatto ha avuto sulla cultura europea e da cui abbiamo ancora qualcosa da imparare. Ancora oggi, infatti, non è sempre facile trovare un luogo sicuro in cui parlare ed esprimere la propria sessualità. Ne abbiamo parlato nello scorso articolo di questa rubrica.

 

La sessualità nel lessico psicoanalitico freudiano

A una lettura superficiale Freud può apparirci come un bifolco tormentato da sua madre e dal sesso. In poche parole, una vittima di quella stessa repressione a cui imputava i sintomi dei suoi pazienti. Ma la prospettiva di Freud sulla sessualità è rivoluzionaria per il tempo in cui ha preso forma, portatrice di idee ancora oggi difficili da accettare. Ha fatto urlare all’indecenza infrangendo un tabù, sottolineando gli effetti patologici della repressione delle pulsioni sessuali da parte di un contesto culturale ipocrita. Ha formulato il concetto di bambino come perverso polimorfo, un esserino capace di perseguire il piacere indipendentemente dagli scopi riproduttivi e attraverso diversi organi corporei. Il termine “perversione” è sganciato dal giudizio morale negativo per definire, al contrario, una componente fondamentale della pulsione e dello sviluppo. 

In un colpo solo ha stravolto la concezione di infanzia come epoca priva di desiderio e pulsionalità per insinuare l’idea che siamo esseri sessuati fin dalla nascita. E che la sessualità è, fin dall’inizio, relazionale, e va liberata dalla repressione sociale e dalla rimozione psicologica. Ma non solo: nominando l’esistenza di diverse zone erogene, ha evidenziato come eccitazione e piacere sessuali non siano per forza confinati agli organi genitali. Come fa notare Silvia Vegetti Finzi, il perimetro della sessualità si estende, per Freud, oltre al corpo e al coito coniugale, coinvolgendo a cerchi concentrici la società, la cultura, la storia del mondo. 

 

L’omosessualità per Freud

In opposizione alla cultura del tempo, Freud trasmette, inoltre, una lezione di tolleranza nei confronti dell’omosessualità. Certo, entro i limiti resi possibili dal contesto storico-culturale in cui è cresciuto. Chiedergli di andare oltre la concezione di omosessualità come “variante causata da un arresto dello sviluppo” sarebbe un po’ eccessivo. Un po’ come chiedere ai nonni di oggi di comprendere e accettare serenamente la relazione poliamorosa dei propri nipoti. Ma è Freud stesso a scrivere: “E’ una grande ingiustizia ed anche una crudeltà perseguitare l’omosessualità come un crimine.” E ancora: “L’omosessualità […] non è nulla di vergognoso, non è un vizio né una degradazione, e non può essere classificata come malattia […]”. 

Per averlo scritto nel 1935, suona piuttosto progressista. Qualcuno, purtroppo, ancora oggi non si troverebbe d’accordo con questa visione. 

 

L’eredità freudiana: cosa ci muove

La genialità di Freud sta nell’aver spiegato a tutta Europa, in un’epoca ossessionata dall’oggettività, che funzioniamo in maniere misteriose. Siamo mossi (anche) da forze che sfuggono alla coscienza, al controllo. Crediamo di essere “padroni in casa nostra”, ma sappiamo ben poco di ciò che si muove nelle nostre teste, nel campo di forze dinamiche dello psichismo. 

A un certo punto può sembrare che la situazione gli sia un po’ sfuggita di mano. E che alcuni concetti come il complesso di Edipo, l’invidia del pene, l’angoscia di castrazione e altri siano frutto di una fervida fantasia. Meritano invece una lettura approfondita e contestualizzata per poter essere compresi nel loro valore simbolico. 

Scherzandoci su, una verità che ereditiamo da Freud è sempre attuale: che, fondamentalmente, siamo tutt* un po’ fissat* con il sesso. Ma il vero merito del padre della psicoanalisi è quello di aver dimostrato che siamo esseri motivati, più che dal sesso, da passioni ed energie. Siamo esseri profondamente pulsionali ed essenzialmente desideranti: a muoverci, a farci da motore, è proprio il desiderio.

Come regalo di compleanno, riconosciamogli il merito di aver legittimato il nostro desiderare. E di averci resi consapevoli dell’importanza di questa dimensione. 

 

di Gaia Figini

Per approfondire:

Ancora con il prezzo in lire. Un libro spesso e polveroso, ma che offre una prospettiva interessante sul contributo della psicoanalisi all’educazione sessuale. Analizza silenzi e bugie con cui si risponde alle domande di bambini e bambine sulla sessualità: Vegetti Finzi, V., Catenazzi, M. (1994). Psicoanalisi ed educazione sessuale. Roma: Editori Laterza.

Per leggere direttamente le parole di Freud sulla sessualità: Freud, S. (1905). Tre saggi sulla teoria sessuale. In Montinari, M. (a cura di). Torino: Bollati Boringhieri.
… e un numero imprecisato di opere della sua bibliografia. 

 

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