<<Ho staccato la chiamata e ho avuto subito l’impulso di comprare un biglietto aereo per tornare.>>
<<E l’hai fatto?>>
<<No. Non ho nemmeno guardato i prezzi. Ho pensato a quanto sarebbe inutile farlo ogni volta che sto così, dopo che ho sentito qualcuno da casa. Mica posso davvero tornare in Puglia. Questa storia della mancanza, dopo due anni, deve finire. In compenso ho acceso la televisione e ho guardato un pezzo di un film.>>
<<Casa… con chi hai parlato da casa?>>
<<Mio fratello. Ma non è l’unico che mi fa questo effetto.>>
<<Casa vuol dire molte persone.>>
<<Molte persone e molte cose, sì.>>
<<E che film hai guardato?>>
<<Mine vaganti.>>
<<Non lo conosco. Beh, permettimi di dire che non assomiglia molto a comprare un biglietto aereo! Perché proprio Mine vaganti? Non sembra la prima cosa in cui si incappa facendo zapping sulla TV tedesca.>>
<<Beh, sì, in effetti hai ragione! Non è come comprare un volo di rientro per domani, no. Però mi consola, e quando mi sento così lo guardo spesso.>>
<<Così come?>>
<<…Così. Con il nodo in gola, i lacrimoni pronti a uscire.>>
<<Sapresti dire cosa senti, invece? Cosa provi a livello di emozioni?>>
<<In realtà, mi sento male e bene insieme. Depressa. Abbattuta e scoraggiata. Ma anche vagamente felice. Insomma, non ci capisco molto. Si mescola tutto, non so dire fin dove arrivi lo struggimento e dove si aggiunga un piacere sottile. Forse a un certo punto mi sento persino rassicurata.>>
<<Sapresti dire cos’è che ti rassicura?>>
<<Non saprei, forse il fatto che sia uno stato d’animo confuso, inafferrabile, ma che conosco. Perché, in fondo, lo provo abbastanza spesso.>>
<<Quando, per esempio?>>
<<Tipo ogni volta che finisco una chiamata con qualcuno dalla Puglia. Qualcuno di casa di importante per me, intendo.>>
<<…>>
<< Ha un sapore in cui zucchero e amarognolo si mescolano. Un po’ come quello delle mandorle, sentore di latte e note amare. Per sentirne bene il gusto e perché la dolcezza rimanga in bocca devi mangiarne un po’.>>
<<Le mandorle… Un’altra cosa che viene da casa tua.>>
<<Sì. Nella masseria dei nonni ne sgusciavo a centinaia con i miei cugini, poi le mettevamo al sole. Era il nostro profumo di fine estate. Buono, ma ci ricordava che presto sarebbe ricominciata la scuola. Ecco, risentirlo nelle narici o in bocca è un’altra di quelle cose che mi fa venir voglia di guardare un pezzo di Mine vaganti.>>
<<Immagino non sia semplice ritrovare questo sapore a Düsseldorf.>>
<<Già.>>
<<E guardare il film alla fine ti fa sentire meglio?>>
<<I primi dieci minuti sono sempre un po’ tragici. Sto peggio di prima. Mi prende questo magone, forte, ogni volta. Questa tristezza da strizzoni alla pancia. Questa malinconia senza fine, perché mi viene voglia di tornare, e so che è un desiderio che non posso realizzare. Ho la certezza che il dolore non mi passerà, che non starò mai più bene.>>
<<Un desiderio che non puoi realizzare… Hai parlato più volte di possibilità, impossibilità, potere. Come se tornare a casa fosse una concessione, come se ci fosse un vincolo. Qua c’è qualcosa, teniamolo a mente e magari ci torniamo più avanti, se ti va. Ora riprendiamo da dove eravamo rimasti. Poi? Che succede?>>
<<Poi prende il sopravvento qualcos’altro. Pian piano comincio a sentirmi a mio agio, come a casa. Anzi, in un’altra casa, perché anche questa dove abito ora lo è, e anche qui mi sento a mio agio. Però guardo il film e c’è Lecce, è ambientato lì, Lecce con le sue pietre chiare e la sua luce. Una luce che ha solo lei. La vedo e ci torno proprio, a casa. Intendo la prima, il primo posto che posso chiamare casa. Mi sembra di sentire il tepore sulla pelle, come se filtrasse attraverso lo schermo. Allora inizio a stare un po’ meglio. Però non sto completamente bene. E’ uno star bene soffrendo.>>
<<Uno star bene soffrendo…Quasi un ossimoro. Con emozioni opposte ma che non fanno a pugni. Mi sembra di capire che, piuttosto, si affiancano, oppure si mescolano.>>
<<Sì, esatto.>>
<<Quindi, se proviamo a guardare un po’ meglio questo stato d’animo, a metterlo in ordine: c’è qualcosa che lo attiva. Per esempio parlare con qualcuno di caro che ti chiama dalla Puglia oppure sentire un odore, un sapore che ti riportano a casa. Patisci, soffri, vuoi in qualche modo placare questo disagio e allora pensi di comprare un biglietto, aeroporto Brindisi-Casale, il più vicino a Lecce, oppure – cos’è che c’è, Bari-Karol Wojtyla? Ma poi reprimi, controlli l’impulso, ti freni. Perché questa storia della mancanza deve finire, dici. E allora avrebbe senso, ipotizzo, allontanarti da quel ricordo che ti fa star male, dal passato, dagli affetti. Ma è esattamente lì che torni: cerchi casa accendendo la TV e guardando un po’ di Mine vaganti. Stai peggio, però non spegni, lasci passare qualche minuto, giusto? Anche se, ogni volta, sei convinta che il dolore non passerà più. A questo malessere che sembra implacabile, inguaribile, subentra qualcosa che assomiglia al piacere, una sorta di godimento, possiamo dire, no?>>
<<Sì. Qual è la diagnosi? Masochismo?>>
<<Aspetta, Eleonora, non affrettarti, non arriviamo a conclusioni premature. Lo sai che qui non appiccichiamo etichette né emettiamo sentenze. Ci prendiamo del tempo per mettere a fuoco quello che senti, per capirlo meglio.>>
<<Giusto.>>
<<Quindi, dicevamo, continui a guardare Mine vaganti e aspetti che all’amaro si mescoli un po’ di dolcezza, che arrivi il sapore di mandorla. Ti piace stare lì.>>
<<Mi piace crogiolarmici. Mettermici a bagno, starci a mollo come se fosse una vasca d’acqua calda.>>
<<Una vasca con acqua calda, idromassaggio, schiuma… E il desiderio del biglietto aereo? Vuoi ancora tornare a Lecce, anche se ti piace stare nella vasca?>>
<<Forse no, non voglio tornare indietro per davvero. Ma voglio sentirmi ancora come mi sentivo quando stavo lì. Cioè, mi fa male, ma non voglio smettere di ricordare o distaccarmi completamente. Mi farebbe stare ancora peggio pensare di non chiamare più mio fratello. O immaginarmi di non pensare più alla luce di Lecce o alle mandorle. Credo che mi farebbe soffrire ancora di più.>>
<<Quindi stare lì, a mollo, nella vasca idromassaggio del ricordo è una sorta di compromesso. E’ un sentirti a casa, a Lecce, stando in un luogo che comunque puoi chiamare casa, Düsseldorf. Star lì ti permette di non prendere il primo volo diretto. Ti dà la carica per portare avanti il tuo progetto di espatrio qui, in Germania. In qualche modo stare per un po’ nel passato ti permette di orientarti verso il futuro. >>
<<Forse… Ma non so se ho capito bene.>>
<<Mi fermerei su questo punto, sul significato di casa. Che cos’è casa? Chi ci sta dentro? Tuo fratello, le mandorle, Lecce con la sua luce, Mine vaganti. Persone importanti, immagini, ricordi, sapori, sensazioni e affetti. Quella che senti è una parte della tua casa ‘interiore’, che ti sei portata dietro. Ma dentro c’è anche il luogo in cui stai vivendo ora. Insomma, che ti faccia piacere tornarci con il pensiero rimanendo a mollo, metaforicamente, in questa vasca, mi pare… normale. Altro che masochista, Eleonora! Non ti sembra perfettamente sano?>>
<<Sì. Forse.>>
<<Mi sembra che il punto sia proprio questo… Non vuoi davvero tornare a Lecce, fisicamente, perché hai costruito qualcosa di altrettanto importante e significativo qui. Ma vuoi sentirti di nuovo come ti sentivi lì, dove stanno le tue origini.>>
<<Le mie radici.>>
<<Non pensi che sia salutare desiderare di stare ancora bene? E di ricontattare, come ben dici, le tue radici? Cercare di non far scivolare via quella sensazione di coccola e benessere soffermandotici, anche se fa un po’ male, mi sembra salutare. Soprattutto perché non ti inchioda lì, ma ti permette di ritrovare un senso e andare avanti. Mi sembra quasi un desiderio di continuare a desiderare, una forma di speranza. Una sana tensione.>>
<<Dici?>>
<<Dico, ma sto solo cercando di riformulare quello che mi stai portando tu. Sono ipotesi che mi suggerisci, ma è importante che tu mi dica se ti ci ritrovi. Parli di un desiderio irrealizzabile. Ma se il desiderio reale, profondo, non è quello di tornare a Lecce, ma di mantenere un legame saldo, non vincolante ma nutritivo, e di riconoscerti in quel ricordo, per poterlo integrare in quello che sei oggi… quello che sei qui… allora questo desiderio mi sembra molto più realizzabile. Quel sapore di mandorle e quella luce di Lecce sei tu. Che senso avrebbe cancellarli.>>
<<Mi viene in mente una parola che in italiano non c’è e che ho imparato qui. Sehnshucht. Che assomiglia a nostalgia, ma non è proprio la stessa cosa. Significa ‘desiderio di qualcosa che è assente’, ma non per forza del passato. Può essere anche il desiderio per qualcosa che verrà e che ancora non si conosce. Per esempio, non so, si può provare Sehnsucht nach Abenteuer, desiderio di avventura.>>
<<Ecco, mi sembra che fotografi meglio quello che mi hai descritto. Abbiamo, anzi, hai, trovato una parola che fa parte del tuo vocabolario personale, che entra pienamente nella tua storia. Una parola nostra, forse, se vuoi, visto che me l’hai fatta conoscere.>>
<<Sì. Così, quando alla prossima seduta ti parlerò di Sehnsucht saprai che non è una parolaccia, ma il mio modo per tornare a Lecce e alle mandorle.>>
<<E per cercarle e ritrovarle anche qui, dove sei ora.>>