ECA Italia e il benessere dei lavoratori distaccati 

Trasferirsi all’estero per lavoro può rivelarsi un momento molto stressante nella vita di un lavoratore. L’esperienza di ECA Italia racconta come le aziende preparano la partenza non solo nei suoi aspetti più concreti, garantendo il benessere individuale del lavoratore

lavoratori expat

Stefano Pacifico, commercial manager e socio di ECA Italia si occupa della gestione e dello sviluppo dei clienti che hanno progetti di mobilità internazionale, ciò significa seguire le aziende in tutta la gestione del processo di mobilità dei propri dipendenti dall’Italia all’estero, e viceversa. Gli abbiamo chiesto di raccontarci di più sul suo ruolo e in generale sul mondo dei lavoratori distaccati all’estero. 

Il ciclo dell’espatrio del lavoratore

Capire qual è il candidato adatto per quel paese, per quell’esperienza e attività che andrà a svolgere è il primo step, ci spiega. 

“L’obiettivo di ECA Italia è quello di seguire le aziende, la direzione del personale, ma anche in parte il lavoratore sui principali aspetti che riguardano il processo di mobilità, che viene rappresentato tipicamente attraverso un ciclo. Il primo elemento è sicuramente la scelta del candidato adatto.” 

Una volta selezionata la persona, ci sono degli aspetti più amministrativi che devono essere gestiti, ma anche di relazione con il lavoratore.” Il dialogo va incentrato su comprensione e trasparenza per capire, per esempio, qual è il trattamento economico più adeguato. 

E ovviamente, è necessario anche fare riferimento allo specifico paese in cui il lavoratore deve trasferirsi, e concentrarsi anche agli inconvenienti, come la pandemia che stiamo ancora vivendo: “USA, e Cina, che sono alcuni tra i mercati principali per noi, hanno visto delle criticità da questo punto di vista”. Il lavoratore può subire degli stop and go che vanno tenuti in considerazione durante la fase di pianificazione.

C’è poi un altro aspetto fondamentale, ovvero “il tema della pianificazione fiscale previdenziale, che è un altro momento importante del ciclo. Qui bisogna definire dove si pagano le tasse, l’importo, qual è il costo dell’operazione complessiva”.

Semplificare un processo complicato

L’obiettivo di ECA Italia è quindi quello di semplificare il processo di trasferimento, spesso lavorando con alcuni colleghi anche direttamente dall’estero.

Per le piccole e medie imprese il distacco di un lavoratore può rappresentare un investimento enorme. “Ovviamente l’investimento è importante, ma è necessario muoversi per tempo, per evitare di incorrere in rischi o situazioni poco piacevoli. Il lavoratore deve essere inviato all’estero per raggiungere determinati obiettivi, che possono essere di crescita personale e aziendale.

È fondamentale, quindi, “allineare questi due obiettivi, azienda e lavoratore”. Quest’ultimo, ci spiega, “non può essere troppo caricato di adempimenti o attività, quindi l’azienda dovrebbe pensare e pianificare correttamente questi aspetti.”

Un impatto emotivo da non sottovalutare

Sia il lavoratore che l’azienda si trovano ad affrontare un cambiamento non esente da un grande investimento emotivo, che porta con sé tutta una serie di aspettative connesse. 

Il lavoratore solitamente vive la partenza con entusiasmo, ma poi, spesso, “c’è la classica curva in cui, raggiunto l’apice della cosiddetta honey moon, arriva un calo, un momento di stress, di tensione. Quindi mantenere un contatto costante è sicuramente importante sia per l’azienda che per il lavoratore.”

Per aiutare i lavoratori a inserirsi nel contesto estero in modo ottimale, soprattutto dal punto di vista psicologico e relazionale, bisogna “preparare adeguatamente le persone, perché l’esperienza lavorativa in contesti sociali e culturali diversi può essere una fonte di stress.” Una buona preparazione preliminare del contesto in cui andrà a operare permetterà al lavoratore di lavorare in maniera serena e tranquilla, e questo, di conseguenza, impatterà positivamente sull’investimento aziendale. 

Tra le difficoltà più frequenti per il lavoratore distaccato c’è la relazione con i colleghi del paese estero. Per esempio “in Asia ci sono determinati contesti che possono lasciare un po’ perplessi perché veniamo da un contesto culturale diverso.”

Un conto è vivere delle brevi esperienze all’estero legate al turismo, un conto è inserirsi in un contesto lavorativo nuovo.

Tra i tanti aspetti da tenere in considerazione in vista della partenza di un lavoratore, spesso le aziende sottovalutano quello legato alla necessità di aiutarlo nell’inserimento. “Magari pensano al trasloco, al visto, al lavoro o all’adempimento fiscale, che sono cose necessarie, ma vanno integrate all’interno di una logica trasversale delle varie attività.”

“Alcune aziende lo fanno già, ma bisognerebbe fare degli assessment preliminari per capire se quella persona è culture fit, se ha quella capacità, attitudine, adattabilità al contesto. Questo perché puoi trarre vantaggio dall’esperienza, ottenendo una reciproca soddisfazione.”

La nuova frontiera dell’international working

“La pandemia ha reso inevitabile svolgere le proprie attività dal proprio domicilio, che poteva anche essere in un paese estero.”

Da una parte ci sono stati tanti lavoratori espatriati costretti a fermarsi nel paese estero; dall’altra, ci sono quelli che dovevano partire, ma che hanno iniziato l’attività che avrebbero dovuto svolgere all’estero, nel proprio paese d’origine.

Il remote working sta diventando international working, cioè lavorare in un’azienda estera ma dal proprio paese di origine, creando dei team internazionali e virtuali. È ancora presto per capire che tipo di impatto avranno queste modalità di lavoro flessibile, ma sicuramente ci sono alcune dinamiche interessanti da tenere in considerazione.

Questo consente alle aziende di disporre di talenti sparsi in tutto il mondo, che magari in passato avrebbero avuto difficoltà a trasferirsi, magari per problemi personali. C’è una maggiore flessibilità all’accesso ad un parco di talenti, a una popolazione che preferisce rimanere nel proprio paese ma che può mettere a disposizione le proprie competenze.”

D’altro canto, però, le nuove modalità di lavoro virtuali e a distanza impediscono la nascita delle relazioni extralavorative che hanno un impatto positivo su quelle lavorative: “una soluzione potrebbe essere quella di forzare dei momenti di incontro, perché è vero che si tende a flessibilizzare il luogo di lavoro, però la relazione fisica deve venir fuori. Per una migliore conoscenza reciproca.”

In futuro si potrebbe anche raggiungere “un’ottica in cui io ti assumo e tu decidi fondamentalmente dove lavorare, work from anywhere. Non è il luogo importante, ma il risultato che riesco a raggiungere.”

La sensibilità delle aziende italiane sul tema della mobilità

La consapevolezza delle aziende italiane a proposito di questo argomento sembra essere ancora bassa, racconta Stefano Pacifico. 

“Sta crescendo una sensibilità maggiore, soprattutto in quelle aziende che si trovano ad affrontare mercati nuovi, e che magari hanno subito degli insuccessi. A volte la sensibilità arriva dalla consapevolezza dell’errore.” 

“Anni fa seguimmo un’azienda su un progetto di apertura di uno stabilimento in Cina. L’iniziativa interessante fu quella di preparare dal punto di vista culturale i lavoratori che si sarebbero recati presso lo stabilimento, dal general manager all’operaio.”

“Sappiamo che il successo di certe attività passa anche per la diffusione di una cultura, per cui quella fu un’iniziativa interessante che si sviluppò sia in Italia che in Cina, con il supporto di strutture dedicate. Anche attraverso iniziative ludiche, perché poi sappiamo che la conoscenza di certe dinamiche passa attraverso il gioco. Questo ha reso più facile l’avvio del progetto.”

“Penso che nei prossimi anni ci sarà una maggiore sensibilità. Proprio perché abbiamo visto che l’insuccesso ha un costo e questo da un lato porta le aziende a ripensare i processi di mobilità.”

L’insuccesso di un proprio dipendente all’estero ha un costo economico ma anche umano. Il rischio è che un distacco estero mal gestito sia foriero di depressione e di rotture di carriere, con un impatto sociale importante.

Prendersi cura sia della mente che della concretezza porta benefici congiunti. Stare bene significa lavorare bene, e tutto questo ha un impatto positivo non solo sull’individuo, ma anche sull’azienda.

Questo va pensato anche in un’ottica di rimpatrio. L’altra situazione critica è il rientro della persona che va pianificato almeno 6/8 mesi prima. Soprattutto per i distacchi e le assegnazioni lunghe. A volte le aziende lo vedono come elemento critico. Dopo 2/3 anni all’estero con certe dinamiche, rientrare è un’altra fonte di stress.”

“Va pianificato e discusso anche all’interno del nucleo familiare. Vanno facilitati degli strumenti di reinserimento nel paese di origine, o anche per un nuovo espatrio.”

“Il rientro nel paese di origine va preparato da tutti i punti di vista. Da quello più normativo, ma anche quello del benessere.”

Se il processo di inserimento è avvenuto bene, la persona si è contaminata con il paese estero. Ha un bagaglio tutto nuovo da portare all’azienda, ma allo stesso tempo può subire un forte spaesamento durante il rimpatrio. Questo è un altro tema importante che va curato e che può portare beneficio, di nuovo, sia alla persona, sia all’azienda.

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di Alice Rebolino