Insegnare all’estero nelle scuole italiane: come funziona a Barcellona

Le scuole italiane all’estero sono un punto di riferimento culturale e formativo, tra difficoltà di gestione, complessità e un gran bisogno di fare rete. Intervista a Patrizia Carfagna, dirigente scolastico della Scuola Italiana di Barcellona

insegnare all'estero

Il primo atto ufficiale del governo italiano che riconosce e finanzia una scuola fuori d’Italia risale al lontano 1862. Da allora tutto è cambiato: sedi, paesi, organizzazione scolastica e programmi ministeriali. Oggi il sistema scolastico italiano è ben presente oltre i confini nazionali, e conta più di 30mila iscritti. 

Se in origine le scuole erano gestite dal Ministero dell’Istruzione, oggi questi istituti fanno riferimento al Ministero degli Affari Esteri e producono per l’Italia ritorni di lunga durata in tutti i settori: culturale, politico ed economico.

La rete delle istituzioni scolastiche all’estero nasce per la promozione della lingua e cultura italiana nel mondo ed è un punto di riferimento per la comunità expat. Attualmente comprende 8 istituti statali omnicomprensivi – Addis Abeba, Asmara, Atene, Barcellona, Istanbul, Madrid, Parigi e Zurigo -, 423 scuole italiane paritarie in tutte le aree geografiche nel mondo, 7 sezioni italiane presso scuole europee, 79 sezioni italiane presso scuole internazionali e 2 scuole private.

Docenti e dirigenti che prestano servizio in questi istituti hanno precedentemente maturato il minimo di esperienza prevista in Italia e vi accedono attraverso una graduatoria e un concorso. Ciò permette di assumere il ruolo per un periodo a tempo determinato della durata di 6 anni e senza possibilità di rinnovo, secondo un meccanismo di reclutamento preciso che forma una categoria professionale di expat unica.

Abbiamo affrontato alcuni aspetti di questa esperienza e contesto lavorativo con Patrizia Carfagna, Dirigente Scolastica dell’Istituto Italiano Statale Comprensivo di Barcellona, che ci racconta il funzionamento di una realtà complessa, caratterizzata da una grande varietà di utenza e di corpo docente, che riesce a mantenere alti standard formativi e di inclusione.

Insegnare all’estero: graduatoria e concorso

Dopo una carriera di circa 15 anni come docente presso la scuola secondaria e all’università, Patrizia Carfagna assume il ruolo di Dirigente Scolastica nel 2004 grazie a un concorso pubblico. Il suo è un percorso lavorativo e di formazione che ha da sempre avuto uno sguardo all’estero e ai sistemi formativi di altri paesi europei, grazie alle opportunità aperte da progetti di scambio Socrates ed Erasmus, e di formazione per adulti. 

Dopo diversi anni di esperienza come Dirigente Scolastica nella scuola secondaria, nel 2021 arriva la possibilità di trasferirsi in una delle sedi della rete di scuole italiane all’estero, attraverso il concorso pubblico regolamentato dal decreto 64 del 2017, che permette l’accesso a docenti e dirigenti con contratto a tempo indeterminato.

Per accedere al concorso è necessario aver conseguito una certificazione di livello B2 in una delle lingue considerate rilevanti – inglese, spagnolo o francese. Si può indicare l’area geografica di preferenza, che coincide i diversi ‘settori linguistici’: ispanofono, francofono, anglofono, oppure area mista, ovvero tutti gli altri paesi. L’area anglofona è particolare, perché non include solo Stati in cui l’inglese è lingua ufficiale, ma anche altri, come la Cina. La mia prima preferenza era l’area ispanofona, così mi è stata assegnata la scuola di Barcellona, che è una delle città che amo di più”.

Insegnare in trasferta o con contratto locale

Dopo il Decreto 64 del 2017, l’incarico assegnato ai docenti nelle scuole italiane all’estero è passato da 4 a 6 anni.

Sono arrivata a Barcellona con il ruolo di Dirigente Scolastica dell’istituto omnicomprensivo nel 2021, quindi il mio incarico durerà ancora 4 anni. 

Al termine dovrò lasciare il posto a un altro o altra Dirigente e tornare in Italia per almeno sei anni, con precedenza in una scuola in Lazio, che è la mia regione. Secondo il Decreto è obbligatorio rientrare in Italia per almeno 6 anni. Dopo questo periodo, se è mia intenzione, posso ricandidarmi per lavorare in trasferta in un’altra scuola italiana all’estero, superando un nuovo concorso”.

Negli istituti italiani però, non tutte le posizioni lavorative sono coperte da docenti in trasferta: alcune sono aperte a docenti con contratti locali, e a queste spesso cercano di accedere expat che vogliono stabilirsi nel paese in maniera stabile o per un periodo più lungo. 

In generale i docenti delle materie principali – come italiano, matematica, inglese e filosofia – sono tutti in trasferta, ovvero incarico assegnato in Italia per un periodo determinato. Per quanto riguarda le altre materie, invece, come musica, arte, tecnica o altre lingue straniere, la scuola può assumere, attraverso un concorso tra i docenti presenti sul territorio, con contratto locale e per un periodo di tempo più lungo. La conoscenza dell’italiano è un requisito fondamentale”.

Ovviamente la retribuzione è differente: i docenti percepiscono un salario più alto e l’indennità di trasferta, che aumenta a seconda del ‘rischio’ del paese ed è maggiore nei paesi extra-europei. Una stessa mansione e una pari quantità di ore lavorative per un salario differente potrebbe generare  conflitto all’interno del corpo docenti.

A mio parere nella nostra scuola c’è un bel clima e il sistema è accettato da tutti”, riferisce Patrizia Carfagna. “Ma mi è capitato di entrare a contatto con istituti in cui questo era percepito come un problema

A volte a creare la differenza non è solo il salario, ma anche il fatto che i docenti assunti con contratto locale sono più radicati nel territorio e coinvolti attivamente nei progetti scolastici rispetto a coloro che assumono il ruolo per un periodo limitato. 

In secondo luogo, ma non per importanza, per ragazzi e ragazze il turnover di insegnanti nelle materie principali può essere considerato un limite”. 

Complessa e multiculturale 

Se per i docenti i cambiamenti riguardano il contesto culturale e l’utenza interculturale e multilinguistica, per un Dirigente Scolastico le differenze rispetto alla scuola Italiana sono notevoli, in particolare nella gestione di fondi e progetti

La prima parola che mi viene in mente, se devo descrivere il mio ruolo oggi, è la complessità. A partire dall’utenza: abbiamo famiglie italiane, stabili o in transito, famiglie miste e famiglie straniere. 

Mettiamo in piedi progetti di scambio e multiculturali, di supporto linguistico e inclusione: abbiamo esigenze differenti rispetto alla scuola italiana, ma purtroppo non abbiamo accesso agli stessi fondi, in quanto facciamo riferimento al Ministero degli Affari Esteri”.

A scegliere la scuola italiana non sono solo le famiglie italiane che risiedono all’estero per un periodo determinato, ma anche coloro che vivono all’estero in maniera stabile, famiglie miste – con un solo genitore italiano – o, in percentuale minore, famiglie straniere.

In generale il piano di studi prevede un approfondimento della lingua locale e delle lingue straniere in generale. Nel nostro istituto, ad esempio, vengono dedicate numerose ore allo spagnolo, al catalano e all’inglese. 

Uno dei punti di forza della scuola italiana a Barcellona, rispetto ad altre istituzioni scolastiche, è la qualità e soprattutto l’inclusione. Le famiglie apprezzano un sistema in grado di accogliere ragazze e ragazzi anche con diverse problematiche di apprendimento. Un sistema in cui si cerca di dare a tutti pari opportunità e strumenti.

Handicap e BES non vengono isolati ma rappresentano un arricchimento per le relazioni, basate sul valore della diversità, in cui si riconosce il tesoro personale di ognuno. 

Per noi la classe rappresenta uno spaccato della società, che raccoglie tutte le diversità e le armonizza. E questo non riguarda solo i diversi modelli di apprendimento, ma anche e soprattutto la diversità che deriva dalla ricchezza linguistica e dà vita a classi molto eterogenee”.

Lo scambio con le altre scuole

Considerando che si tratta di una scuola che rappresenta un’isola culturale nel paese in cui risiede, è fondamentale lo scambio di esperienze e la cooperazione con altre scuole italiane all’estero e con le scuole in Italia. Un’opportunità che porta un grande valore esperienziale e formativo e che bisognerebbe potenziare.

Quest’anno alcune classi sono state a Napoli per uno scambio sui temi di etica e robotica.

Ogni anno cerchiamo collaborazioni con scuole in Italia per mantenere un legame forte con il sistema scolastico e la cultura di riferimento, ma anche scambi con scuole di altri paesi in un’ottica più internazionale, come alcuni istituti in Danimarca, Olanda e Finlandia. 

In generale, però, come scuola purtroppo non abbiamo accesso ai fondi Erasmus; ogni istituto deve andare alla ricerca di fondi e opportunità per mettere in piedi i progetti, e non sempre è facile. 

Ci servirebbe più supporto, economico e istituzionale, e poter contare su programmi che ci permettano di incontrare studenti di altre nazionalità. Per i nostri studenti ampliare gli orizzonti degli alunni e far conoscere altre realtà è fondamentale. In fin dei conti è al centro del piano formativo e la dimensione internazionale è uno dei punti di forza della nostra scuola”.