La Missione Cattolica Italiana in UK: un sostegno per gli expat più anziani

Don Antonio Serra ci racconta la sua Missione Cattolica in UK,  punto di riferimento e supporto fondamentale per tantissimi expat italiani, soprattutto expat anziani

expat anciani

Quando parliamo di expat anziani italiani che partono per una nuova vita verso il Regno Unito, ci immaginiamo il cliché del giovane con lo zaino in spalla che desidera fare un’esperienza all’estero, magari per cercare opportunità lavorative migliori o per concludere i suoi studi.

Ma gli expat non sono solo giovani o giovanissimi, anzi: nel Regno Unito esiste una grande comunità di expat della terza età, alcuni dei quali emigrati a partire dal secondo dopoguerra.

Per capire come vivono queste persone, a chi si rivolgono in caso di necessità e il loro rapporto con la nazione che li ospita ormai da diversi decenni, abbiamo intervistato Don Antonio Serra, coordinatore nazionale dei cappellani per la Missione Cattolica Italiana in Inghilterra e Galles.

Dalla grande nevicata del 1971 alla Missione Cattolica in UK

Don Antonio, durante l’intervista, ci racconta che il suo interesse verso le dinamiche migratorie, che l’ha portato oggi ad essere un punto di riferimento per la comunità italiana – e non solo – in Inghilterra, “ha origini antiche”. 

“Il mio desiderio di entrare nelle dinamiche della migrazione umana risale all’età di 9 anni, quando mio zio dovette ripartire con la sua macchina durante la grande nevicata del 1971. Mi colpì il pianto accorato di mia nonna che salutò suo figlio e lo accompagnò con il suo sguardo affranto mentre la macchina si allontanava in quel paesaggio surreale. Fu allora che per la prima volta mi domandai: che cosa posso fare per alleviare il pianto e il dolore di mia nonna?”

Nel 2008 gli viene assegnata una Missione Cattolica proprio in UK, con il ruolo di cappellano per i migranti Italiani in Inghilterra. Un ruolo che Don Antonio ha accolto subito con entusiasmo e capacità.

“La Missione Cattolica Italiana in UK ha il compito di accogliere, accompagnare, formare gli emigrati italiani e non. Molti membri della comunità, infatti, sono famiglie di seconda emigrazione.”

La Missione Cattolica Italiana in UK

Gli abbiamo chiesto di spiegarci più nel dettaglio in cosa consiste la sua Missione.

“Il supporto che la Missione Cattolica Italiana offre agli anziani è di tipo umano, spirituale, sociale. La nostra è principalmente una comunità cristiana, nella quale giovani, adulti e anziani sono incoraggiati ad accogliersi e ad interagire tra loro.

Gli expat anziani trovano la loro vitalità non se isolati dal contesto ma, al contrario, quando sentono di essere parte attiva di una famiglia che li ama, li apprezza, li incoraggia e li sostiene.”

Un supporto estremamente importante per gli anziani, ma anche per l’intera comunità, che può contare sulla sua stessa coesione creando un ambiente vivo in cui individui di tutte le età interagiscono in vari modi tra di loro. 

“Prima della pandemia, per tanti anni la Missione aveva un’attività specifica per la terza età: preghiere, giochi, un pasto caldo e danza. Un modo per stare insieme, condividere le proprie esperienze e, perché no, un luogo dove scoprire che anche a ottant’anni è possibile arrossire perché corteggiati.”

Le difficoltà maggiori per gli expat anziani italiani

Le problematiche più evidenti che la maggior parte degli expat italiani della terza età si ritrova ad affrontare sono la solitudine, le grandi distanze delle città e la lingua. 

“A causa del lavoro, i figli sono spesso costretti a spostarsi in altre zone della vastissima Londra o in altre città del Paese; questo fa sì che i nostri anziani, con una inadeguata competenza linguistica e la difficoltà a spostarsi, si trovino isolati.”

Queste problematiche, se non circoscritte e affrontate, possono favorire la nascita di patologie o disagi ancora più difficili da trattare.

“I rischi più grandi sono quelli della depressione, della demenza, della chiusura in se stessi, della perdita della speranza e del progressivo crollo delle condizioni di salute.”

Il lavoro è parecchio e purtroppo le risorse sono limitate, ammette lo stesso Don Antonio.

“La Missione forse potrebbe fare tanto di più per le persone anziane, ma mancano gli spazi, le risorse economiche e anche i volontari che possano dedicarsi ad iniziative di questo genere.”

La Missione Cattolica Italiana e la sua comunità

Secondo Don Antonio, i due pilastri che tengono in piedi la comunità da lui gestita sono due: la lingua italiana e la fede. Eppure gli expat di cui si occupa non sono tutti di origine italiana.

“In realtà la nostra Missione Cattolica Italiana è un piccolo universo composto da persone provenienti da tutte le parti d’Italia e da molte parti d’Europa e del mondo.

La Missione è costituita da quattro macro realtà: quella del primo flusso dei migranti italiani del secondo dopoguerra; quella formata dagli italiani di seconda e terza generazione nati e cresciuti nel Regno Unito ma che si riconoscono nella cultura italiana, anche se tanti di loro non parlano l’italiano; quella degli emigrati ‘stranieri’ che prima sono emigrati in Italia, e poi partiti per il Regno Unito portando con sé la propria famiglia e i loro figli nati e cresciuti in Italia e con una forte identità italiana; famiglie, prevalentemente giovani, che hanno lasciato di recente l’Italia in cerca di lavoro. La Missione si occupa di tutti coloro che bussano alla porta del Centro.”

Nonostante questi macro gruppi abbiano caratteristiche e specificità diverse, troviamo però molte somiglianze. Sia per quanto riguarda le necessità che per quanto riguarda i desideri e le aspirazioni di ciascuno.

“Tra la prima generazione di emigrati italiani e quest’ultima c’è in comune la ricerca-necessità di un lavoro che non si è riusciti a trovare nel proprio Paese; tuttavia, una differenza importante tra le due è che gli emigrati del dopoguerra partivano avendo con sé l’obiettivo di trovare un lavoro per sostenere la famiglia di origine, mentre le nuove generazioni partono con l’obiettivo di una realizzazione personale. Le fasce meno qualificate non solo non hanno come scopo il sostentamento della famiglia di origine ma, al contrario sono da esse sostenute, almeno nel primo periodo.”

L’integrazione è un percorso complesso 

Per quanto riguarda l’integrazione con la società inglese, invece, ci sono ancora parecchie barriere, prima fra tutte quella linguistica, che rendono per certi versi molto difficile creare rapporti significativi con persone del paese ospitante.

“C’è da dire che in generale non è facile creare rapporti di amicizia stabile con gli inglesi. In genere sono molto educati e rispettosi, ma vige una regola non scritta di ‘vivere e lascia vivere’.

Per questo motivo, gli emigrati, italiani e non, si organizzano in micro comunità, legate al territorio o a un comune interesse. Gli expat anziani italiani, come già accennato, hanno in genere competenze linguistiche molto limitate; questo fa sì che l’interazione con la società inglese, quando capita, sia limitata a un saluto o a poche parole spesso incomprensibili. Poco importa, il cittadino British, anche se non dovesse capire una parola se la caverà sempre con un enfatico, generoso e polite ‘Thank you’!”

Tra Brexit e pandemia 

A complicare ulteriormente la situazione si aggiunge l’abbandono del Regno Unito all’Unione Europea che, a quanto pare, ha ampliato la distanza tra i cittadini emigrati e i cittadini inglesi.

La Brexit ha allungato la distanza tra i cittadini inglesi e quelli stranieri. L’emigrato, prima considerato come risorsa, viene ora visto quasi come un disturbo, come un peso, come un di più. E questo, ovviamente, crea disagio soprattutto in coloro che da più di mezzo secolo vivono e lavorano in questa Nazione. In realtà percepisco una diffidenza reciproca. Anche l’emigrato Italiano pur vivendo e lavorando in questa Nazione da tanti anni fa fatica a sentirla come sua.”

Purtroppo anche la pandemia ha complicato ulteriormente la situazione, acuendo i problemi di cui abbiamo parlato prima, cioè solitudine e isolamento. 

“La pandemia, tra gli emigrati Italiani, soprattutto tra i più anziani, ha creato grande isolamento e solitudine. Purtroppo tra gli oltre 181 mila morti, molti sono anziani e tra di essi numerosi dei nostri connazionali della prima generazione di emigrati.”

Ma Don Antonio ha molta fiducia nel futuro e nella ripresa, soprattutto per quanto riguarda la sua Missione.

“Con la ripresa delle attività ci sono dei segnali incoraggianti: un grande desiderio di comunità e di fraternità. In definitiva Brexit e post pandemia rappresentano una nuova era con nuove sfide per la Missione Cattolica Italiana.”

 

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