La relazione complicata tra gli irlandesi e la sessualità

Dall’amore all’aborto, dai diritti LGBTQAI+ a quelli dei e delle sex workers, dall’educazione sessuale agli stereotipi sulla relazione complicata col sesso del popolo irlandese

relazione complicata

Chiome rosse, un’irrimediabile attrazione per i pub e le risse, la pinta di Guinness in mano e il crocefisso nell’altra. Sono questi alcuni tra i pregiudizi più diffusi a proposito del popolo irlandese.

A questi si aggiunge l’idea di una certa inibizione dal punto di vista sessuale, figlia di una repressione operata dalla soffocante morale cattolica. Secondo Focus , gli irlandesi dell’isola Inis Beag sono i più repressi al mondo. “Il sesso è considerato perdita di energia vitale e il senso del pudore raggiunge limiti estremi: si vergognano perfino a mostrarsi senza calzini ”.  

Il rapporto tra irlandesi e sessualità sembra essere piuttosto tormentato, e ne sono un triste esempio alcuni fatti di cronaca. Non è di molto tempo fa lo scandalo che ha travolto il Movimento Scout nel Regno Unito e Irlanda. Si contano oltre 250 arresti tra capi e figure di responsabilità nel Movimento per abusi sessuali sui minori avvenuti dagli anni ’50 ad oggi. Lo racconta un’analisi del quotidiano inglese The Guardian. E non è inusuale sentire gli stessi irlandesi fare dello humor nero sul coinvolgimento di preti cattolici in episodi di pedofilia. Un’ironia che tenta di sdrammatizzare quella che è una realtà tragica. 

Ma andiamo con ordine, mettendo in evidenza la natura paradossale di alcuni atteggiamenti della società irlandese rispetto alla relazione complicata sulla sessualità

Irlanda e sessualità: una panoramica

P., è un expat italiano che, non molto tempo fa, ha vissuto per un anno a Castlebar, città nella Repubblica d’Irlanda occidentale. 

Racconta di “un enorme divario ideologico sulle tematiche che riguardano la sessualità. Divario che coincide anche con una questione generazionale. Come l’Italia, l’Irlanda ha profonde radici cattoliche, a cui i giovani non danno più tanta importanza, mentre gli anziani sono molto più conservatori. Questo in generale. Poi, ovviamente, dipende dai casi ”.

Ci riporta uno sguardo dall’interno sulla relazione complicata tra irlandesi e sessualità: “Nel mio piccolo, posso dirti che l’argomento sessualità tra giovani non è troppo un tabù. Il fatto che le scuole siano in gran parte divise tra i sessi, però, è probabilmente un fattore importante. Nella mia città c’erano tre scuole: una maschile, una femminile e una mista. Io frequentavo quella maschile”. 

Divorzio 

L’Irlanda ha fatto enormi passi avanti per quanto riguarda il discorso pubblico su tematiche legate alla sessualità, sfidando la struttura sociale e costituzionale cattolica. Si tratta di sviluppi piuttosto recenti: a livello politico, questi argomenti non sono stati affrontati prima degli anni ’90

Il diritto al divorzio è stato conquistato, per un pelo, nel 1995, con il 50,2% di maggioranza al referendum. Molto è cambiato, da allora, nella sensibilità pubblica sul tema. 

Nel 2019 più dell’80% degli/delle irlandesi ha dimostrato di voler ammorbidire la legislazione sul divorzio che, fino a quel momento, era la più rigida d’Europa. Il loro voto ha portato a ridurre da 4 a 2 anni il tempo di separazione dalla prima della richiesta di divorzio. In più, si è ottenuto il riconoscimento dei divorzi conseguiti al di fuori dei confini del paese.

Aborto

Il divieto d’interrompere volontariamente una gravidanza era addirittura scritto nella Costituzione irlandese. L’Ottavo Emendamento, che equiparava lo status legale del feto a quello della donna incinta, era incompatibile con i diritti umani. Nel 2010 una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo aveva condannato l’Irlanda e richiesto di modificare la sua Costituzione. 

Ma si è dovuto attendere ancora quasi 10 anni: è solo nel 2019 che l’aborto è stato decriminalizzato. Nel frattempo, le leggi punitive sull’aborto hanno portato migliaia di donne irlandesi a viaggiare, in particolare verso l’Inghilterra, per poter accedere all’interruzione di gravidanza. Si conta che, nel 2010, ogni giorno 10 donne intraprendessero questo viaggio.

La drammatica alternativa all’esodo, in molti casi, è stato l’aborto auto-procurato. Per entrambe le (non) soluzioni, il prezzo in termini di salute  psicologica e fisica rischia di essere altissimo. 

E’ nel maggio 2018 che gli e le irlandesi hanno espresso a gran voce il desiderio di cambiare la legge. Il “sì” al referendum per legalizzare l’aborto ha ottenuto una vittoria schiacciante in quasi tutte le counties.

Se ciò ha rappresentato una notevole trasformazione, sintomatica di un’evoluzione della relazione complicata tra irlandesi e sessualità, l’attuale legge ostacola comunque chi vuole interrompere la gravidanza così come i medici che praticano l’aborto. 

C’è chi continua a mantenere delle posizioni marcatamente anti-abortiste: rispetto alla famiglia che lo ha ospitato, P. racconta che i genitori erano piuttosto conservatori. “Soprattutto sull’aborto, la mia host mum aveva detto che l’Irlanda stava gradualmente perdendo i suoi valori”. 

Il grido delle/degli attiviste/i “Get your rosaries off our ovaries!” risulta dunque tuttora motivato. 

Diritti LGBTQAI+

L’omosessualità è stata depenalizzata e resa legale in Irlanda nel 1993 attraverso l’abrogazione del Criminal Law Amendment Act, risalente al 1885. Inghilterra e Galles nel 1967, Scozia nel 1980 e Irlanda del Nord nel 1982 precedettero la Repubblica d’Irlanda nella sua abrogazione. Un ritardo che è stato recuperato nel 2015, quando l’Irlanda è stato il primo paese al mondo a consentire il matrimonio tra persone dello stesso sesso tramite referendum. Nello stesso anno è stato inoltre approvato il disegno di legge che regolamenta l’adozione da parte di coppie omogenitoriali

P. racconta: “Avevo amici e conoscenti che erano dichiaratamente bisessuali. Però, ricordo che da un’altra città era arrivato un ragazzo transessuale. La questione non era vista di buon occhio, era sulla bocca di praticamente tutta la contea”. 

Un’inchiesta condotta nell’ambito della campagna Tackle HIV indaga gli atteggiamenti riguardo a sessualità, salute sessuale e HIV. Più del 70% dei/delle partecipanti irlandesi ha dichiarato di non avere problemi nell’accettare omosessualità e bisessualità

Nonostante ciò, la ricerca mette in luce alcune false credenze che, oltre a essere dannose per la salute sessuale, alimentano lo stigma.

Infatti, c’è ancora confusione rispetto a chi può contrarre il virus. Degli/delle intervistati/e in Irlanda, il 46% pensa che il rischio non riguardi gli uomini eterosessuali, il 49% che non riguardi le donne eterosessuali. Il 58% afferma che metterebbe fine alla relazione se scoprisse che il/la partner ha una diagnosi di HIV. Di questi, l’83% lo farebbe perché avrebbe paura di ammalarsi a propria volta. Solo il 28% sa che una persona che sta seguendo un trattamento efficace per l’HIV non può trasmetterlo al/alla proprio/a partner sessuale. E’ la percentuale più alta tra le nazioni in cui è stata svolta la ricerca (Inghilterra, Scozia, Irlanda, Galles, Francia e Italia). Quella più bassa riguarda l’Italia (18%). In materia di (dis)informazione sessuale sembriamo proprio imbattibili. 

Sex workers 

In tempi recenti si sono accesi i riflettori sulla situazione dei diritti umani dei e delle sex workers irlandesi. Questi/e ultimi/e denunciano come una legge introdotta nel 2017, con l’intento dichiarato di proteggere questa categoria di lavoratori e lavoratrici, si sia rivelata controproducente. Se l’obiettivo era quello di proteggere dallo sfruttamento, di fatto il Criminal Law (Sexual Offences) Act 2017 criminalizza il sex work, incrementando i rischi di violenza, abuso e isolamento per chi lo esercita. 

Quello adottato in Irlanda è un modello legislativo semi-proibizionista che, criminalizzando il cliente, punta a diminuire la domanda di lavoro sessuale e, di conseguenza, a mettere fine alla tratta. Ma, di fatto, non ne affronta alla radice le cause: la pressione legale sul/sulla cliente viene in realtà assorbita dal/dalla sex worker. 

Politiche di questo tipo, inoltre, creano confusione tra sex work e sfruttamento, contribuendo a discriminare e stigmatizzare. Ne avevamo parlato qui: “[…] l’abolizione dello sfruttamento passa attraverso la regolamentazione di ciò che non è sfruttamento ma libera scelta”.

L’educazione sessuale in Irlanda

Una relazione  complicata, quella tra Irlandesi e sessualità, che forse trova le proprie radici nelle carenze educative. 

L’educazione sessuale è materia scolastica obbligatoria nella scuola primaria e secondaria dal 1998. L’RSE (Relationships and Sex Education) rappresenta un modulo all’interno di un curriculum obbligatorio denominato Social, Personal and Health Education (SPHE). 

Ciononostante, nel 2016 l’UN Committee on the Rights of the Child espresse preoccupazione rispetto alle gravi mancanze dell’educazione sessuale per gli e le adolescenti irlandesi. 

In pratica, quella irlandese è un’educazione fondata su “abstinence + some prevention”, che risente dell’influenza da parte della religione cattolica. P. ricorda una lezione di RSH: “Sì, era certamente molto blanda. Se non altro non aveva quello stampo cattolico per cui ti inculcano che se ti masturbi diventi cieco, ecco”. Ma la matrice cattolica rimane, agendo a un livello più sottile, implicito. 

Ciascuna scuola ha la possibilità di declinare l’RSE in accordo con la propria morale e le proprie considerazioni etiche, e i genitori possono decidere di ritirare i/le propri/e figli/e dall’insegnamento. 

La possibilità di scelta da parte del singolo istituto si allarga anche ai libri di testo. Nel 2014 un’indagine di una testata nazionale aveva messo in luce come in alcune scuole venissero utilizzati libri per l’educazione sessuale che si limitavano a promuovere l’astinenza, sostenendo che i preservativi avessero un alto tasso di inefficacia. L’omosessualità non era nemmeno menzionata. 

Come quella italiana, anche l’educazione sessuale scolastica irlandese pare non attenersi alle linee guida internazionali. Fallisce, pertanto, nel raggiungimento degli standard necessari al rispetto di un diritto umano fondamentale: l’accesso a un’educazione sessuale scientifica e olistica, collocata in un’ottica di promozione della salute e del benessere della persona, che concepisce affettività e sessualità come elementi di benessere integrale.

La “silenziosa” rivoluzione sessuale irlandese 

Dal 1963 al 1980 la scrittrice ed educatrice irlandese Angela Macnamara ha ricevuto migliaia di lettere. A queste, rispondeva in una colonna sul Sunday Press. Una posta del cuore che, secondo una ricerca, è specchio di angosce, desideri, preoccupazioni e pregiudizi rispetto alla sessualità di un intero paese. Di un’Irlanda che ha sempre avuto una relazione complicata, anzi travagliata, con il sesso e l’intimità, “ansiosamente alla ricerca di una guida rispetto alle tematiche dell’intimità e che, simultaneamente, inizia a sfidare lo status quo conservatore e cattolico. Un’Irlanda di cui emerge un ritratto che si distacca dall’idea stereotipata di un popolo sessualmente represso. E che, invece, si interroga su argomenti tabù. 

Le risposte di Macnamara non si discostano molto dalla morale predicata dalla Chiesa Cattolica irlandese, ma le lettere tratteggiano una silenziosa rivoluzione, un lento ma progressivo cambiamento nella relazione complicata tra irlandesi e sessualità. La posta del cuore ha contribuito alla trasformazione della sessualità da questione privata a oggetto di dibattito pubblico. E le lettere dimostrano, nel corso degli anni, “la crescente fiducia dei lettori nel compiere scelte personali a proposito di questioni intime”.   

Molto, certamente, è stato fatto. Tra paradossi, resistenze, interferenze e pressioni retrograde tanto rimane ancora da fare. 

Ma il risveglio sessuale irlandese, nella forma di una graduale liberazione, continua.

P. ce ne dà conferma: È principalmente dai giovani che viene la spinta progressista nel paese”.  

 

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