La scuola inglese e l’approccio “Growth mindset”

Cicli scolastici differenti, scuole con punteggio e zero bocciature: cosa apprezzano gli italiani della scuola inglese? Fabiana, mamma di tre ragazzi ed expat da 18 anni, ci racconta la sua esperienza

All’estero dal 2004, quella di Fabiana è una famiglia tutta italiana ma nata all’estero. 

Una coppia di italiani che si è conosciuta a Dublino, dove sono nati i primi due figli, Lorenzo e Daniele, poi trasferiti ad Antibes in Francia, dove la famiglia si allarga con l’arrivo della terza figlia, Paola. 

Nel 2014 un nuovo trasferimento porta tutti di nuovo al nord, questa volta la destinazione è l’Inghilterra, più precisamente la contea del Surrey, poco fuori Londra. 

Un cambiamento importante per Lorenzo e Daniele, che allora avevano 6 e 8 anni, a contatto con una nuova lingua e una scuola organizzata diversamente rispetto a quella francese.

Dalla Francia all’Inghilterra

“L’Inghilterra è stato il nostro terzo trasferimento e come mamma ho vissuto questo cambiamento come una nuova opportunità di crescita” , racconta Fabiana.

“Ho sempre creduto che vivere la genitorialità all’estero fosse molto stimolante: grazie al confronto con persone di altre culture e con diversi sistemi educativi, sono riuscita ad andare oltre gli stereotipi con cui sono cresciuta.  

Essere genitore all’estero ti costringe ad andare oltre la tua comfort zone e, nel mio caso, ho cercato di fare miei gli aspetti più interessanti dei diversi approcci educativi. 

La nostra prima esperienza con la scuola è avvenuta in Francia: Lorenzo, il più grande, aveva frequentato lì la prima elementare, mentre il secondogenito la scuola materna. 

Devo dire la verità: non avevamo avuto una bella esperienza. Le insegnanti non erano troppo aperte al bilinguismo e a mio parere non mostravano la giusta attenzione all’identità del bambino e alle sue emozioni. 

Da questo punto di vista il primo contatto con la scuola inglese è stata una vera rinascita per loro e anche per me: un approccio più costruttivo e accogliente, in grado di valorizzare e motivare tutti gli studenti.

I miei figli sin dall’inizio hanno apprezzato la nuova scuola e con le nuove insegnanti che, a differenza di quelle francesi, erano più empatiche e meno propense ad alzare la voce”.

A scuola a 4 anni

Il sistema scolastico inglese è differente rispetto a quello italiano o francese. Dai 4 mesi ai 3 anni i bimbi sono accolti nelle nursery, strutture che ricevono pochi finanziamenti e quindi dai costi abbastanza elevati. 

A tre anni è possibile frequentare l’anno chiamato pre-school, in scuole apposite o nelle stesse nursery, grazie a un’agevolazione governativa che copre 15 ore settimanali per ogni bimbo. 

Finalmente a 4 anni si inizia la scuola, quella vera: i bimbi entrano nella Primary School, il ciclo scolastico che termina a 11 anni. 

Sono tanti gli stranieri che considerano questa età troppo precoce per l’iniziare la primary school. 

“In realtà il primo anno è chiamato reception e fino ai 7 anni, quindi per 3 anni in tutto, frequentano ancora quella che viene chiamata ‘infant school , spiega Fabiana.

“Sì, i bambini iniziano la scuola a quattro anni, ma l’apprendimento passa attraverso il gioco. Imparano le lettere, il numeri e i suoni, ma sempre in maniera divertente. A 5 anni la maggior parte di loro è in grado di leggere, ma non seduti tra i banchi. 

La concezione di scuola a quell’età è diversa dalla nostra. Mentre in Italia i bambini si ritrovano ad affrontare l’enorme salto tra la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, in Inghilterra il passaggio da un anno all’altro è molto più graduale.

Il benessere del bambino al centro

“Quando siamo arrivati in Inghilterra i miei figli parlavano pochissimo l’inglese, ma non è stato per nulla un ostacolo. A ogni bambino nuovo viene abbinato un Buddy, ovvero un compagno che si occupa di lui, lo aiuta e gli tiene compagnia, affinché il nuovo arrivato si integri velocemente

Gli insegnanti non facevano pressione dal punto di vista didattico, secondo loro l’importante era che il bambino stesse bene, giocasse e si integrasse nella nuova classe. 

Inoltre notavo che si preoccupavano molto poco del livello linguistico: mettevano stickers di incoraggiamento, e con una penna rosa correggevano gli errori, ma mai tutti insieme.

Solo due errori per volta, per permettere la comprensione e l’auto-correzione graduale: un metodo davvero vincente per i miei figli. 

L’approccio seguito è quello del Growth mindset”, che significa far sì che il fallimento non sia qualcosa da sanzionare, ma viene valutato come un’opportunità da analizzare per migliorare.

Motivare bambini e ragazzi con un “not yet” (non hai ancora raggiunto l’obiettivo, ma ce la farai), serve a coltivare l’autostima e valorizzare i talenti: questi sono alcuni degli aspetti che ho imparato dal loro nuovo percorso scolastico”.

Una scuola “radicata” nel quartiere

“Abbiamo scelto sempre le State Schools, ovvero le scuole pubbliche”, spiega Fabiana. “All’interno di queste ci sono anche le academies e le scuole cattoliche, che godono di una maggiore autonomia per quanto riguarda il programma scolastico. 

Poi ci sono le Grammar School, ovvero le scuole secondarie che richiedono esami specifici e che sono molto ambite, e infine le scuole private. 

La scelta della scuola non è affare semplice: in generale bisogna fare riferimento alle scuole presenti nella propria ‘catchment area’, in quanto la prossimità garantisce un certo punteggio. 

Chi cerca casa con famiglia a seguito punta ai quartieri dove ci sono buone scuole. Le scuole con una buona reputazione hanno quindi ripercussioni sul mercato immobiliare della casa del quartiere di appartenenza.  

Però attenzione: basta affittare una casa adiacente alla scuola per avere buone probabilità di accedervi. Se poi capita di cambiare casa o quartiere, il bambino può continuare a frequentare la stessa scuola.

Nel nostro caso in realtà la partenza non è stata ideale: il più grande, che doveva frequentare la quarta elementare, doveva essere inserito a ciclo scolastico ormai iniziato, e nella scuola prescelta non c’erano posti disponibili. Al contrario il secondogenito era stato ammesso. 

Per i primi tempi hanno quindi frequentato scuole diverse con evidenti problemi organizzativi per la nostra famiglia. Ma, dopo qualche mese, finalmente, sono riuscita a inserirlo nella scuola del fratello.  

Con la terza è stato tutto molto più facile: se hai già un figlio presente in una determinata scuola, sei agevolato per l’accettazione degli altri figli”. 

Come vengono valutate le scuole?

Ma come orientarsi tra le varie scuole? Le scuole inglesi vengono classificate a seconda del punteggio attribuito loro da OFSTED (Office for Standards in Education), un organo indipendente responsabile della valutazione delle scuole. 

Al contrario dell’Italia, che promuove il modello degli esami INVALSI, quella di OFSTED è una valutazione senza dubbio più completa. 

Non vengono valutati solo gli allievi, ma anche la struttura scolastica, le attività scolastiche ed extra-scolastiche, il management, lo staff e il corpo docenti, attribuendo diversi livelli: outstanding, good, requires improvement o inadequate.

“Non è necessario per forza puntare a una scuola con punteggio Outstanding, perchè anche quelle che hanno raggiunto la valutazione Good secondo la mia esperienza sono generalmente molto valide.

L’aspetto interessante è che tutto il quartiere di appartenenza si sente coinvolto nella vita degli studenti; se una scuola è considerata Good o Outstanding, gli abitanti del quartiere e i negozianti contribuiscono a mantenere il livello alto, partecipando a iniziative di raccolta fondi in occasione della Summer Fair (festa di fine anno) oppure prestando servizi di volontariato.

Inoltre la scuola chiede e valorizza il supporto dei genitori, che possono offrire ore di volontariato per gestire alcuni servizi, come la biblioteca, ma anche per sostenere gli insegnanti durante le lezioni.

Nel mio caso, ho partecipato sin dall’inizio alle attività della scuola, lo ritenevo utile per la comunità ma anche importante per favorire la nostra integrazione.” 

Secondary School: un percorso personalizzato

Il ciclo successivo alla Primary, ovvero la Secondary School, si rivolge ai ragazzi dagli 11 ai 16 anni. E’ seguita da un biennio (dai 16 ai 18) di obbligo educativo, in cui gli studenti scelgono il proprio piano di studi sulla base della scelta universitaria (sostenendo gli esami richiesti per l’ingresso all’università) o del percorso che intendono intraprendere dopo il diploma (apprendistato o studi tecnici). 

“La scuola superiore è molto diversa da quella italiana” , racconta Fabiana “uno degli aspetti più sconvolgenti per noi è che nessuno viene bocciato. 

L’organizzazione didattica è bisettimanale (anziché settimanale come da noi) e in molte scuole, come quella frequentata dai miei figli, gli studenti scelgono parte del proprio percorso di studi e si spostano da una classe all’altra. 

La classe ufficiale è formata da una trentina di studenti seguiti da un tutor ma, nel corso della giornata, i ragazzi si dividono tra i diversi laboratori o corsi, mischiandosi con studenti di altre classi. 

Oltre alla materie fondamentali, esistono diverse discipline secondarie scelte dello studente: dalla seconda lingua alle arti, dal teatro all’informatica, incluse le diverse discipline sportive. 

Inoltre, per quanto riguarda le materie principali (come inglese e matematica) esistono gruppi suddivisi a seconda dei livelli, che però permettono una certa mobilità: è possibile infatti salire di livello ma anche scendere.

Questo permette di seguire meglio i ragazzi che hanno difficoltà e allo stesso tempo garantire a chi ha un rendimento più alto di progredire più velocemente. 

C’è da dire che ritrovarsi a frequentare un livello basico di matematica, ad esempio, non è considerato un problema: secondo il loro approccio, non tutti siamo portati o dobbiamo nutrire lo stesso interesse per determinate materie e neanche raggiungere per forza lo stesso livello: abbiamo diversi talenti, l’importante è capirlo e coltivare quello giusto”. 

Covid: la salute mentale dei ragazzi prima di tutto

Oggi non possiamo parlare di scuola senza tenere conto del cambiamento portato dalla pandemia di Covid-19 e dalle conseguenze della didattica a distanza.

“Come tutti sanno le restrizioni messe in atto per arginare l’epidemia in UK sono state ben diverse da quelle adottate da altri paesi europei. 

A parte un periodo di didattica distanza, i ragazzi sono sempre andati a scuola. 

Anche durante il lockdown, la scuola è rimasta aperta per i figli dei lavoratori essenziali, categoria che non includeva solo sanitari o addetti alla sicurezza, ma anche netturbini, autisti o tutti coloro che non potevano lavorare da casa. Metà degli studenti quindi, non ha mai smesso di frequentare neanche un giorno. 

Le mascherine erano richieste solo ai bambini a partire dagli 11 anni, ma nelle scuole secondarie venivano indossate prevalentemente negli spazi comuni, come i corridoi. 

E’ stata una scelta rischiosa, che personalmente non sempre ho condiviso: da un lato ha provocato la diffusione del virus in maniera rapida e pericolosa, ma dall’altra queste misure meno restrittive c’è stata una maggiore attenzione ala salute mentale, permettendo ai ragazzi e bambini di vivere questo periodo più serenamente rispetto agli italiani, e cercando nei limiti del possibile di ridurre le conseguenze psicologiche che nel nostro paese sono più evidenti.

Nonostante il sistema di restrizioni sia stato criticabile, devo ammettere che ho trovato molto efficace la distribuzione alle famiglie dei test antigenici casalinghi. 

A partire da settembre 2020 infatti, la scuola ci ha fornito un kit contenente i test necessari per testare tutta la famiglia due volte a settimana e individuare in questo modo gli asintomatici in tempo. Hanno anche organizzato degli incontri a scuola per insegnare ai ragazzi a fare il test da soli.

Per il resto, si è cercato di alterare il meno possibile la routine di bambini e ragazzi, senza imporre un clima di terrore, e questo ha permesso loro di vivere questo periodo in maniera molto più serena”.

Potete seguire Fabiana sul blog Mamma Far and Away e approfondire tematiche inerenti alla genitorialità in Inghilterra e al bilinguismo.

 

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