Social4school, per educare a un uso consapevole della rete 

Social4school è un progetto che propone nelle classi di scuola primaria e secondaria un’attività ludica mediata dalla tecnologia che permette di sperimentare dinamiche sociali tipiche di un social network.  Lo scopo è quello di creare consapevolezza sui meccanismi di diffusione delle informazioni in rete

scuola digitale

Secondo un’indagine di DoxaKids e Telefono Azzurro fatta nel 2020prima dell’esperienza della DAD e della pandemia, genitori e ragazzi chiedevano una scuola più digitale. Un luogo di apprendimento dove la tecnologia doveva essere usata come supporto all’apprendimento e che allo stesso tempo affronti il tema dei rischi prendenti della rete. 

Oggi, dopo l’esperienza (per alcuni traumatica) della Didattica a Distanza, non si può ancora verificare se questa tendenza è confermata.

Una cosa è certa: l’educazione all’uso consapevole della rete si profila come una priorità del presente in cui viviamo.

Le tecnologie digitali sono sempre più parte integrante delle nostre vite e, come sottolineato dalla Dichiarazione dei diritti in Internet Ogni persona ha diritto ad essere posta in condizione di acquisire e di aggiornare le capacità necessarie ad utilizzare Internet in modo consapevole per l’esercizio dei propri diritti e delle proprie libertà fondamentali.

È in questa direzione che nasce “Social4school. Social network: un gioco da ragazzi, un progetto sviluppato dal Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Torino.

Nato dall’idea del Professor Ruggero Pensa e cofinanziato da Fondazione CRT, l’obiettivo è quello di educare i giovanissimi a essere critici nei confronti della rete senza demonizzarla, imparando a riconoscerne rischi e risorse. 

Utilizzando lo strumento educativo del serious game, gli studenti affrontano la tematica – estremamente complessa – della privacy online

Social4school: il gioco

Quella che proponiamo è un’attività ludica per far comprendere a bambini e bambine cosa è meglio condividere o non condividere online in termini di privacy, attraverso una simulazione interattiva realistica” racconta la Dottoressa Sara Capecchi, coordinatrice del progetto.

Nell’ambiente protetto della classe, sotto la supervisione del docente, creiamo un social network in miniatura dove tutti i partecipanti sono connessi simultaneamente, ciascuno crea il proprio profilo e sceglie un avatar. 

In una prima fase i partecipanti scelgono, tra quelle che proponiamo, tre frasi ‘pesate’, che possono essere innocue oppure lesive della privacy, da postare sulle loro bacheche. In una seconda fase possono vedere che cosa hanno postato i loro ‘amici’, assegnati dal gioco in maniera casuale.

Viene dato loro un numero massimo di azioni, di ‘mi piace’ e  ‘condividi’, da fare con questi contenuti. A un certo punto iniziano a comparire, sullo schermo di ciascuno, i post pubblicati da qualcuno che non è nella loro ‘lista di amici’ e con i quali possono interagire.

Dopo un paio di interazioni c’è la fase di attribuzione del punteggio, calcolato in base ad alcuni criteri.

Si valuta quanto i post scelti inizialmente dal partecipante siano lesivi della privacy, se durante le interazioni il partecipante ha ricondiviso dei post lesivi di altri e infine un bilanciamento tra quanto il singolo partecipante è stato cauto o incauto e quanto lo sono stati gli altri nel diffondere informazioni”.

Un gioco divertente, ben studiato nelle singole fasi e che genera interessanti riflessioni.

Un confronto interessante è quello relativo all’amico dell’amico, per esempio. Serve per prendere coscienza di quanto sia difficile capire dove vadano a finire le informazioni nel web.

Le interconnessioni sono così tante per cui, qualunque contenuto immesso in rete, non si sa dove vada a finire.

Un po’ come la bottiglia con il messaggio lanciata in mare. Si cerca di trasmettere l’idea che ogni azione online implica una responsabilità personale e, potenzialmente, può avere una diffusione  inaspettata”.

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L’importante è verbalizzare

Dopo la simulazione si lascia spazio alla verbalizzazione e al confronto. La classe, guidata dal docente, intavola una discussione a partire dalla classifica che si è formata: un momento fondamentale in cui si ricostruiscono le dinamiche del serious game e si svelano le sue regole.

Grazie al supporto di una lavagna multimediale si può visualizzare una mappa interattiva contenente la rete sociale della classe e il diagramma di nodi interconnessi per visualizzare il viaggio fatto dall’informazione per ogni post.

In questa fase i ragazzi sono invitati a ragionare prima di cliccare ‘compulsivamente’, e a capire perché alcuni comportamenti ledono la privacy.

La presenza degli insegnanti è fondamentale e, conoscendo bene la classe e le sue dinamiche, possono agire da una posizione privilegiata.

Sara Capecchi sottolinea quanto sia importante il loro contributo: “Spesso gli insegnanti hanno un’errata percezione delle proprie capacità. Quando c’è il digitale di mezzo scattano automaticamente il pregiudizio e un senso di impotenza.

Eppure hanno molto da dire su queste tematiche, e lo possono fare in quelle fasi della sessione in cui si fa riflettere i partecipanti sull’attività. In questo modo viene restituito loro la fiducia e un ruolo in quanto figure di riferimento.

Fondamentalmente, noi diamo uno strumento agli insegnanti, ma la parte importante la fanno loro.

Il loro aiuto, insieme a quello dei ragazzi, è utilissimo anche nel co-design del gioco, che il nostro gruppo di lavoro modifica per renderlo più efficace sulla base dei feedback ricevuti in itinere, durante gli incontri con le classi”

Social4school contro i falsi miti

Con le tecnologie, entra spesso in gioco un problema di percezione: è facile sottovalutare la risonanza che può avere una qualsiasi azione online.

Da informatica posso dire che più una cosa è facile da usare, meno sai come funziona.

Saper usare bene qualcosa non significa conoscerne realmente i meccanismi e le implicazioni”, spiega Sara.

Si tratta, quindi, di uno dei falsi miti che riguarda il rapporto tra i cosiddetti “nativi digitali” e Internet. 

Durante le sessioni di gioco con i ragazzi cerchiamo di comprendere qual è il loro livello di conoscenza dei social network. In teoria alla loro età non dovrebbero poterli frequentare, ma trovano comunque modi per accedervi e aggirare le limitazioni a riguardo.

Cerchiamo anche di capire che percezione hanno di questo mondo digitale, facendogli domande su termini che riguardano la rete. Per esempio, cosa significa ‘postare’?

Quando durante la simulazione emergono parole di questo tipo cerchiamo di capire cosa intendono e se riescono a verbalizzarne il significato, per farli riflettere su questa terminologia un po’ astratta che corrisponde ad azioni che hanno conseguenze reali”. 

Educazione civica e digitale

L’intreccio di educazione civica e digitale costituisce un tema complesso: “Azioni su tematiche di questo tipo necessitano di molte competenze.

Per la costruzione di un gioco come questo serve una persona che conosca l’oggetto – la rete, come viaggiano i dati, i modelli che spiegano le interazioni online – , una che si occupi del contenuto e della dinamica dell’attività e infine una che sia a contatto diretto con i ragazzi.

Per questo abbiamo un gruppo di lavoro multidisciplinare, in cui le professionalità si mescolano. Il progetto Social4school si avvale di una collaborazione tra Dipartimenti di Informatica, Filosofia, Scienze dell’Educazione e Psicologia.

La collaborazione e lo scambio di conoscenze nella co-progettazione è fondamentale. E rende possibile lo sviluppo di versioni più complesse del gioco, più ricche in termini di scenari. Oltre a quella della privacy stiamo lavorando a versioni che tocchino tematiche come hate speech, cyberbullismo, discriminazione”.

Parlando di interdisciplinarietà, Sara Capecchi fa esplicito riferimento al “Manifesto di Vienna per l’Umanesimo Digitale”, un documento di cui cita due principi a cui tiene particolarmente e che orientano il suo lavoro di informatica.

Approcci scientifici interdisciplinari sono un prerequisito per affrontare le sfide future. Le discipline tecnico/scientifiche come l’informatica devono collaborare con le scienze sociali, le scienze umane e le altre scienze, superando le barriere disciplinari. (….) L‘educazione all‘informatica e al suo impatto sociale devono iniziare il prima possibile. Gli studenti dovrebbero imparare a unire le competenze informatiche con la consapevolezza delle questioni etiche e sociali in gioco.”

Due articoli che condensano efficacemente la visione che sta dietro a Social4school e il suo lavoro fondamentale di educazione civica e digitale.

Condensando in pochissimo quello che facciamo, la necessità a cui cerca di rispondere il progetto è quella di dare un supporto agli insegnanti nell’affrontare tematiche di uso consapevole della rete e diffusione delle informazioni.

Siamo in una situazione in cui, un po’ come quando c’era già l’automobile ma non esistevano ancora la patente e la segnaletica stradale, abbiamo Internet ma non conosciamo ancora i paletti le regole per usarlo”. 

Progetti come Social4school forniscono strumenti preziosi per cominciare a capire come funzioni la rete e quali siano le sue regole.

Lo fa attraverso un gioco, veicolando un messaggio importante: siamo tutti chiamati a partecipare ma dobbiamo imparare a giocare responsabilmente. 

Per approfondire

 La homepage di Social4schoole il canale YouTube dedicato.

 Il “Manifesto di Vienna per l’Umanesimo Digitale” .

La Dichiarazione dei diritti in Internet.

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