Mostrare il proprio corpo, quando si è prigionieri di un modello che erige muri di pregiudizi, può essere un ostacolo insormontabile che impedisce di seguire i propri desideri e vivere liberamente il proprio corpo.
È l’esperienza vissuta in prima persona da Erica Fre, educatrice professionale di Biella, che ha dato vita, insieme all’amica Francesca, al progetto “Fase di volo”, un’iniziativa creata per sé e per gli altri, per mostrare come sia possibile, per tutti e tutte, spingersi oltre i propri, personali, limiti e stare bene con se stessi associando sport e benessere psicologico.
Grazie a una forte determinazione e al supporto reciproco, insieme sono riuscite a “ripartire” e mettere in gioco quelle passioni e desideri che avevano da tempo lasciato in stand-by.
In testa un solo obiettivo: prendersi cura di se stesse, prendendo le distanze da quei canoni estetici che impongono un solo modello di “corpo sportivo”, e puntare dritto al raggiungimento del benessere fisico a favore di quello mentale.
Si inizia in due
Alcune ripartenze sono talmente difficili da affrontare da soli che essere supportati da qualcuno è fondamentale. Essere in due, in alcune circostanze, fa davvero la differenza.
“L’incontro con Francesca è stato l’inizio di tutto” racconta Erica.
“In quel periodo sentivo la grande necessità di rimettere in gioco delle risorse, sia dal punto di vista mentale che fisico. Purtroppo anni fa mio marito è mancato di tumore e ho dovuto prendermi cura da sola di due figli piccoli: ho appeso al chiodo le mie passioni, e tra queste la mia bicicletta, per buttarmi a capofitto nel lavoro in casa e fuori casa.
Quando ho incontrato Francesca, pesavo 130 kg. Entrambe avevamo lo stesso vissuto: ci prendevamo cura di tutto il mondo ma avevamo poca capacità di prenderci cura di noi stesse. Inutile negarlo: spesso, noi donne, una volta diventate mogli e madri, sentiamo la pressione del lavoro di cura e tendiamo a mettere da parte quegli hobby e quelle passioni che ti ricaricano e che ti fanno stare bene.”
Ostacolo numero uno: uscire dalla porta di casa
“Insieme abbiamo deciso di iscriverci a un programma di corsa, quindi abbiamo iniziato ad allenarci. Siamo partite con lunghe camminate in montagna, e poi via, la sfida della corsa.
Alzarsi dal divano è stato facile? Per niente.
La prima volta che sono andata a correre ci ho messo 20 minuti a uscire dalla porta di casa.
La verità è che cresciamo con un modello in testa: se una persona è in sovrappeso viene in automatico identificata come pigra, e questo, per le persone che hanno chili di troppo, influenza decisamente la volontà di fare sport.
Ma non solo: prigionieri di canoni di bellezza ben precisi, soprattutto per quanto riguarda il corpo femminile, mostrare ‘al mondo’ il proprio fisico, inevitabile quando si pratica attività sportiva, viene vissuto come un ostacolo insormontabile.
Nel mio caso, i tentativi e i fallimenti precedenti pesavano come macigni, e alcuni pensieri erano ormai radicati nella mia testa: ‘non ce la farò mai’ o ‘non ho abbastanza forza di volontà e mollerò quasi subito’ pensavo.
Questa volta era diverso: c’era Francesca, ci siamo lanciate e abbiamo iniziato seriamente.
Una volta partite però, ci siamo scontrate con un altro muro, forse più alto: quello dei giudizi delle persone.
Sentirsi dire per strada ‘Devi mangiarne di chilometri per dimagrire’ o ‘non basta una maglietta per poter correre’ ti fanno sentire costantemente sbagliata.
Ti sembra di non riuscire a tollerarli, e amplificano quei brutti pensieri che credevi di aver lasciato alle spalle. Le paure che sono alla base delle tue insicurezze tornano a essere reali, sembrano più significative dei tuoi successi e oscurano la felicità dei risultati raggiunti con il sudore.
La fatica fisica sparisce in una notte di riposo, ma la fatica psicologica ha bisogno di tempo e lascia i residui nell’anima”.
Uno, due, dieci obiettivi
Per chi inizia a praticare sport dopo anni di scarsa attività, la partenza è dura e richiede tanta perseveranza.
“I primi tempi la fatica fisica sembra esagerata e sfiancante; portarsi dietro chili di troppo all’inizio significa faticare il doppio e richiede un allenamento costante.
Noi abbiamo avuto la fortuna di essere entrate in questo progetto, ‘Run to feel better’, e di poter essere seguite da un professionista (cosa che comunque consigliamo a tutti): Edoardo Valsania, che è il nostro allenatore ufficiale ed è parte viva di ‘Fase di volo’.
Lui ci ha seguite passo a passo, con un allenamento su misura per noi, per migliorare la respirazione e rafforzare la muscolatura. In generale questo vale per tutti, anche per chi ha un fisico magro.
Il nostro obiettivo era quello di riuscire a portare a termine una maratona, ovvero quella organizzata a Biella da ‘Run to feel better’.
Per me affrontare quella sfida è stato un rito di passaggio a una nuova vita.
Mi sono buttata alle spalle quella in cui avevo rinunciato alle mie passioni, per occuparmi di quello che c’era da fare; in realtà si tratta solo di una scusa, perché il tempo per noi, se vogliamo, possiamo trovarlo.
Da lì in poi ho sempre alzato l’asticella e ho raggiunto un altro grande obiettivo: arrivare in cima allo Stelvio. Sì, l’ho fatto con i miei tempi, ma ci sono arrivata. Per me l’importante è raggiungere il traguardo, non il tempo necessario.
Quando ho iniziato, mi sfiancava una corsetta di tre chilometri; oggi mi viene da ridere, perché quando mi alleno con la bici ne percorro almeno 30, spesso 50. Oggi sento che sport e benessere psicologico si accompagnano.”
Di nuovo in bici, in giro per l’Italia
La maratona è un grande obiettivo, ma la vera passione di Erica è sempre stata la bicicletta.
“Anche riprendere il ciclismo ha richiesto altrettanta costanza e allenamento.
Avevamo in progetto di lanciare un crowdfunding per acquistare due biciclette professionali, chiedendo ai nostri sostenitori di seguire una missione che volevamo portare a termine da tempo: un viaggio in bici da Oropa ad Assisi.
Alla fine non è servito perché abbiamo vinto un bando della Garmin, in cui devi semplicemente presentare il tuo sogno e, se piace, ti finanziano.
Non lo credevamo possibile, eppure abbiamo vinto!
Il viaggio lo abbiamo ovviamente fatto ugualmente, e a settembre dello scorso anno, a bordo delle nostre biciclette nuove, siamo partite e in una settimana abbiamo raggiunto Assisi.
Ma la mia ultima impresa è stata la tappa napoletana del ‘Giro-E d’Italia’, l’unico evento a tappe al mondo riservato alle bici a pedalata assistita.
E’ stata una grande opportunità, estremamente faticosa, dove associare sport e benessere psicofisico sono stati messi a dura prova.
Si tratta di un contesto prevalentemente maschile e molto performante, in generale un tipo di competizione in cui senti il peso di non rappresentare lo standard fisico, in particolare se sei donna. Non mi riferisco all’ambiente degli atleti, anzi, mi sono sempre sentita ben accolta e ho incontrato gente con cui condividere il mio pezzo di strada. Ma i giudizi esterni, di alcune persone che ti guardano da fuori e che ti giudicano senza sapere nulla di te, senza sapere quanto ti sia costato arrivare fino a lì.
Tuttavia Napoli è stata un’esperienza grandiosa. Quegli scorci meravigliosi, visti appena, mi rimarranno impressi, come le persone a bordo strada che urlano, cantano e filmano. E, per una volta, mi sono sentita davvero brava. E ho intravisto finalmente le ali: perché in fondo quello era il mio obiettivo, sentirmi libera”.
Essere di ispirazione per gli altri
Quello del giudizio altrui è un muro che si ripresenta periodicamente e che, nonostante l’abitudine e il percorso fatto, non sempre si ha la forza di affrontare al meglio.
“Oggi riesco a gestire questo confronto decisamente meglio rispetto a prima.
Uno dei motivi per cui ho scelto di andare a Napoli è stato quello di raccontare al mondo che sì, si può fare.
Si può fare non solo per diventare magri e belli. Il nostro corpo è solo l’involucro di quello che siamo, la parte esterna: le nostre emozioni valgono molto di più.
Quando io e Francesca abbiamo iniziato a pubblicare sui social le nostre imprese, ci arrivavano messaggi di persone che si confidavano con noi e ci dicevano che avevamo fatto venire loro la voglia di provarci.
Così abbiamo capito che noi, insieme, avevamo la capacità di mettere a disposizione la nostra storia, la nostra energia e i nostri traguardi per essere di supporto a chi come noi voleva provarci. ‘Fase di volo’ nasce quindi per stimolare chi ci incontra a mettersi in gioco, anche per l’ennesima volta, e portare in giro, di corsa o su due ruote, l’idea di uno sport più inclusivo e non solo accessibile a chi mostra un certo stereotipo fisico, in cui è possibile calibrare i propri obiettivi e traguardi, agonistici o meno, sulla base delle proprie possibilità, della propria storia, delle proprie risorse“.
E per fare ciò è importante farlo insieme e creare connessioni; è il supporto degli altri, infatti, che ci permette di andare avanti e spingerci oltre quelli che crediamo essere dei limiti, quando da soli non possiamo farcela”.
Associare sport e benessere psicologico dipende da noi, ma necessita di un’educazione sociale.
Se hai bisogno di supporto e vuoi iniziare un percorso terapeutico, Transiti è qui per aiutarti: clicca qui per saperne di più e prenotare il tuo colloquio di accoglienza gratuito.