La ricerca ha confermato da tempo che l‘obbligo di attività di educazione sessuale é efficace sia per la salute che per la crescita armoniosa dei ragazzi e delle ragazze nelle comunità.
Nonostante sia previsto dalle linee guida e dagli standard europei, in Italia l’educazione sessuale non esiste. Ma questo periodo, in cui si discute di riforme e revisione delle priorità, potrebbe rivelarsi il momento giusto per sollecitare una risposta istituzionale di fronte alla necessità di inserire un percorso obbligatorio e programmato di educazione alla sessualità e all’affettività negli istituti scolastici.
Educazione alla sessualità, all’italiana
Sessantasei anni fa l’educazione alla sessualità diventava obbligatoria nelle scuole svedesi.
In Italia, che evidentemente arranca rispetto agli altri paesi europei, l’introduzione dell’educazione sessuale e affettiva a scuola è argomento molto dibattuto a livello educativo e politico e rappresenta un intervento, di fatto, mai realizzato.
Eppure, il diritto a ricevere un’educazione sessuale qualitativamente valida è stato elencato dall’OMS fra i diritti umani fondamentali.
Dopo una prima proposta di legge che risale addirittura al 1910, si sono susseguiti avanzamenti, battute di arresto, regressioni. In sostanza, però, nulla di fatto.
Il vuoto legislativo si riflette in lacune su differenti piani.
La regolazione autonoma delle Regioni in materia di educazione alla sessualità si traduce nella frammentazione degli interventi sul territorio nazionale: pochi, sparsi, isolati.
E, a livello microscopico, sono i singoli istituti scolastici a decidere se e come destinare tempo e risorse. Se attivati, i programmi di educazione alla sessualità non seguono comunque le linee guida internazionali.
Educazione alla sessualità: il quadro di riferimento internazionale
Due documenti di riferimento, la Guida tecnica internazionale sull’educazione sessuale dell’UNESCO (2018) e gli Standard per l’Educazione Sessuale in Europa dell’OMS (2010), oltre a individuare nella scuola il contesto ideale per gli interventi, evidenziano il fatto che questi dovrebbero riflettere un approccio “olistico” all’educazione sessuale.
Quest’ottica rispecchia una visione di sessualità positiva e “onnicomprensiva” nel senso di multidimensionale, comprendente aspetti psicologici, relazionali, culturali, sociali fondamentali dell’esperienza umana.
Da intervento di prevenzione e informazione, l’educazione sessuale olistica si propone, oggi, come azione di promozione della salute.
Beneficiarne permette di acquisire strumenti per la gestione del proprio benessere: è un tassello cruciale per l’autodeterminazione e la realizzazione del proprio potenziale. Ma ne siamo ancora ben lontani.
La (poca) educazione sessuale “all’italiana”, infatti, agisce in una prospettiva che può essere definita emergenziale e riparativa rispetto alla sessualità giovanile considerata problematica.
Accuratezza scientifica, precocità degli interventi, sensibilità per le variabili culturali, partecipazione attiva dei/delle giovani beneficiari/e sono altre caratteristiche elencate dalle linee guida, standard di educazione sessuale da cui l’approccio italiano si discosta, per focalizzarsi piuttosto su aspetti biologici della sessualità che ne appiattiscono la complessità.
Infatti, l’ingresso della sessualità in classe è spesso accompagnata da informazioni riguardanti le malattie sessualmente trasmissibili, denotando un approccio legato al rischio, alla paura e alla diffidenza piuttosto che a piacere, gioia, fiducia.
Citando l’antropologa Nicoletta Landi, “Il piacere non è nel programma di scienze!”.
Una mappa europea dell’educazione alla sessualità
Non è semplice delineare una geografia delle pratiche adottate in Unione Europea, poiché anche a questo livello si riscontra una certa frammentarietà.
Non siamo i soli, in Europa, a non fare dell’educazione alla sessualità in ambito scolastico una priorità.
Si discostano dagli standard di educazione sessuale europea anche Spagna, Croazia, Ungheria, Slovacchia, Romania, Bulgaria e Lituania, in cui il suo inserimento nei curricula scolastici non è previsto dalla legge.
Si può immaginare di suddividere grossolanamente il territorio in un’area nordica, in cui tende a essere obbligatoria, e un’area meridionale in cui è, invece, opzionale.
Nel primo gruppo rientrano i Paesi Scandinavi, Baltici (Estonia e Lettonia), Continentali, Polonia, Irlanda, ma anche Portogallo, Slovenia, Grecia, Cipro.
Obbligatorietà o discrezionalità vanno di pari passo con una minore o maggiore età a cui l’educazione sessuale, a scuola, inizia a essere impartita.
I primi a iniziare sono i Paesi Bassi, dove l’accesso all’educazione sessuale scolastica avviene a 4 anni. Gli ultimi, nemmeno a farlo apposta, siamo noi italiani: 14 anni è l’età target a cui, in media, si rivolgono gli interventi.
Questo quadro eterogeneo è determinato da una pluralità di fattori. Tra questi: la facoltà decisionale delle scuole, la distribuzione delle risorse economiche e umane, l’atteggiamento riguardante la sessualità da parte delle istituzioni, dell’opinione pubblica, della religione. Ma anche il fatto che si tratti di interventi isolati o co-partecipati, inclusi in una rete di partenariato comprendente servizi socio-sanitari e realtà associazionistiche.
Le possibilità di fruizione sono dunque inevitabilmente legate al territorio: accedere all’educazione sessuale rimane, anche in UE, una “lotteria geografica”.
Quale educazione sessuale?
Quale tipo di educazione sessuale si fa in Europa? Difficile dare una definizione unitaria.
Fra gli studenti e le studentesse dell’UE che ne beneficiano nel contesto scolastico, infatti, non tutti e tutte ricevono lo stesso tipo di educazione alla sessualità.
Se, in linea teorica, in UE viene condiviso un orizzonte valoriale di promozione del benessere, la durata dei percorsi, i contenuti e le metodologie si differenziano.
Lo stesso concetto di educazione alla sessualità è fluido, sfumato. Possiamo pensarlo come un contenitore più o meno ampio, riempito con diverse tematiche a seconda delle interpretazioni che gli Stati Membri fanno delle raccomandazioni internazionali.
Un programma di educazione alla sessualità in Olanda non sarà certamente uguale a quello di una scuola polacca. A dargli forma differente saranno la storia, la cultura, le peculiarità del Paese in questione. Non è semplice, quindi, individuare a colpo sicuro le buone pratiche sparse per il territorio.
“Di più, più equamente distribuita, prima, integrata”!
Garantire ai/alle giovani un accesso omogeneo al sapere ne incrementa la possibilità di fare un’esperienza della sessualità non solo sicura, ma anche positiva.
É il primo gradino nella direzione della realizzazione di una giustizia intima e sessuale a livello individuale e sociale di cui c’è estremo bisogno.
Ma qualità e accessibilità dell’educazione sessuale in Italia sono inadeguate: “too little, too late, too biological” è una formula che cattura la situazione attuale.
“Di più, più equamente distribuita, prima, integrata” è ciò a cui l’educazione sessuale dovrebbe assomigliare. E che dobbiamo esigere affinché i giovani, come fa notare Landi, possano “essere il proprio corpo sessuato in maniera responsabile”.
Il nodo della questione è che i/le giovani arrivano a scuola che già “conoscono” la sessualità. Vi giungono con un bagaglio di informazioni reperite dai pari, dai partner, dalla Rete, dalla pornografia.
La scuola è il luogo ideale per trasmettere un’idea di sessualità evoluta, al passo con le necessità emergenti nella realtà globalizzata, multiculturale, multimediata.
Il fermento giovanile attorno a queste tematiche potrebbe segnare simbolicamente il punto di svolta per aprire, finalmente, un dibattito serio sull’argomento.
E avanzare delle proposte concrete, a livello legislativo, per la sua introduzione nei programmi scolastici, sfruttando il potenziale trasformativo del nuovo inizio post-pandemico e avvicinarci agli standard per l’educazione sessuale in Europa.
Per approfondire
Landi, N. (2017). Il piacere non è nel programma di Scienze! Educare alla sessualità oggi, in Italia. Milano: Meltemi.
Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e BZgA (2010). Standard per l’Educazione Sessuale in Europa. Quadro di riferimento per responsabili delle politiche, autorità scolastiche e sanitarie, specialisti.
UNESCO. (2018). International technical guidance on sexuality education. An evidence-informed approach.
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