Cos’è il benessere psicologico in espatrio? Prendersi cura di sé anche quando si sta bene 

Nella vita di ogni persona possono presentarsi momenti di transizione che rappresentano delle vere e proprie sfide. A volte il trasferimento in un paese diverso da quello di origine, e il conseguente grado di adattamento che richiede, può essere una di queste.

Da un lato, affrontare un percorso di mobilità può offrire preziose opportunità di crescita personale come l’apertura a nuove esperienze, l’acquisizione di competenze diverse, l’incontro con culture e modi di vivere lontani da quelli a cui si è abituati. Allo stesso tempo, trovare il proprio posto in un contesto potenzialmente così diverso dal proprio può rivelarsi estremamente impegnativo a livello emotivo, cognitivo e relazionale. Immergersi in una realtà con usanze, valori e aspettative percepite come differenti richiede una notevole capacità di adattamento e può portare a mettere in discussione abitudini e modalità di entrare in relazione che fino a quel momento si davano per assodate. 

All’interno della stessa esperienza di trasferimento all’estero si intrecciano elementi di difficoltà con nuove opportunità di crescita.

E, nonostante sappiamo bene di questo bilanciamento, quando poi ci troviamo “davvero” immersi nei momenti di difficoltà finiamo inesorabilmente per riflettere su quali aspetti della nostra vita e quotidianità possono contribuire al nostro senso di benessere.

Lo “stato di benessere” come un’esperienza dinamica 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come “uno stato di completo benessere” in relazione a una condizione di vita soddisfacente per l’individuo. Negli anni, ricercatori ed esperti della salute  hanno approfondito queste tematiche, proponendo una lettura olistica del concetto. Questa visione consente alle persone di osservare le diverse componenti che concorrono alla propria salute ma anche allo stato di benessere altrui, che a sua volta è promosso da condizioni di vita dignitose, dalla possibilità di soddisfare i propri bisogni e di vivere relazioni significative. 

“Essere in salute” implica, quindi, qualcosa di più della semplice assenza di malattie fisiche: è un intreccio di diversi aspetti che contribuiscono a quello che viene definito uno stato di benessere. Considerare il benessere come uno stato piuttosto che una condizione permanente ci consente di comprenderlo come un’esperienza dinamica, che può essere raggiunta solo quando si attivano diverse condizioni simultaneamente. In questo contesto, il termine “benessere” assume la forma di un concetto ombrello che include aspetti fisici, psicologici e sociali.

Negli ultimi anni, anche a partire da numerose riflessioni teoriche, abbiamo fatto sempre più l’abitudine a intendere la salute, soprattutto quando fisica, come un concetto che comprende diversi livelli. Anche nelle conversazioni comuni risulta ormai difficile considerarla semplicemente come una condizione di assenza di malattia.

All’affermazione “Ho mal di schiena e non capisco perché” posta ad un’amica, probabilmente ci sentiremmo porre una domanda anamnestica, del tipo “come hai dormito stanotte?” o “hai fatto esercizio ieri?”, e ancora “Potrebbe essere lo stress”. Dopo una più o meno lunga trattazione si arriverebbe a condividere l’ipotesi che un po’ era colpa del materasso duro, un po’ la distrazione durante un esercizio sbagliato in palestra, un po’ il fatto che anche la nonna soffriva di mal di schiena.

Se questo grado di consapevolezza è abbastanza immediato per la salute fisica, non si può affermare altrettanto per la salute mentale. Infatti, nonostante questa coscienza diffusa, alcuni residui di una visione più monolitica di salute possono riflettersi nella concezione che abbiamo di benessere e farci dimenticare che possiamo prenderci cura del nostro benessere psicologico anche quando non ci sentiamo particolarmente a disagio o non percepiamo un certo grado di sofferenza. 

Pensiamo all’esercizio fisico, per esempio. Perché siamo abituati ad allenarci anche – e soprattutto – quando stiamo bene e vogliamo mantenerci in forma, ma se parliamo di prendersi cura della salute mentale pensiamo automaticamente che ci sia qualcosa – di tendenzialmente grave – che non va?

Stare bene per ben stare

Il benessere psicologico è uno stato positivo che arricchisce la qualità della vita. 

Così come il benessere fisico, il benessere psicologico non dipende soltanto dalla singola persona, ma anche dalle condizioni e dalle possibilità fornite dai contesti nei quali si vive, da fattori sociali, economici e ambientali. Significa sentirsi bene non solo a livello personale, ma anche nel quadro delle proprie relazioni e dell’ambiente circostante. Non trattandosi unicamente di una condizione individuale, il benessere psicologico si estende anche alla comunità in cui viviamo, contribuendo a creare un tessuto sociale più coeso e supportivo. Pertanto, approfondire le dimensioni del benessere può diventare non solo un obiettivo personale, ma un atto di responsabilità sociale con un impatto significativo sulla comunità.

Accresciamo il nostro benessere psicologico quando proviamo emozioni positive come felicità, contentezza, interesse e affetto. Spesso, tuttavia, tendiamo a non farci troppo caso. Queste esperienze apparentemente semplici supportano il nostro equilibrio e ci forniscono una base per affrontare alcune delle sfide di tutti i giorni.

Sarebbe riduttivo però pensare che il benessere si limiti alle sole emozioni positive. La vita è fatta di piccole e grandi difficoltà quotidiane che ciascuna persona cerca di affrontare nel migliore modo possibile, per lei, in quel momento. Adottare uno sguardo consapevole può fare la differenza non solo per preservare il nostro benessere, ma anche per aiutarci a mettere in campo comportamenti che si inseriscono in un contesto più grande, fatto da relazioni significative e dal valore che attribuiamo a ciascuna esperienza. Sviluppare strumenti e strategie per gestire piccole e grandi sfide che si presentano quotidianamente ci permette di stare bene più a lungo e ridurre l’impatto di una situazione difficile quando questa si presenta. 

In questo modo, possiamo allenarci a osservare ciò che accade intorno a noi, trasformando questo processo in un esercizio costante per la nostra mente, così come può essere una passeggiata rinvigorente, lo yoga mattutino o una nuotata in pausa pranzo. Queste attività non sono semplicemente qualcosa che si impara; affinché producano risultati e cambiamenti tangibili, è fondamentale esercitarle regolarmente.

Star bene nei processi di cambiamento

Il cambiamento non è mai una sola cosa che ci accade. Può arrivare tutto in una volta o avvicinarsi pian piano e, quando si parla di mobilità, migrazione, espatrio, non è detto che coincida con il momento in cui si lascia il proprio paese. Alcuni cambiamenti iniziano molto prima e possono far parte naturalmente, senza bisogno di grandi trasferimenti, della fase del ciclo di vita in cui ci si trova. Può accadere, però, che la mobilità, con tutte le trasformazioni che porta con sé, si aggiunga a dei mutamenti di vita che già stanno avvenendo da tempo, sancendo la percezione di cambiamento. 

C’è comunque un prima e un dopo. Molte persone parlano della propria mobilità come uno spartiacque. Un momento di grandi contraddizioni, in cui la frustrazione fa parte del gioco. Talvolta anche i consigli e le guide possono alimentare una percezione performativa della mobilità. Anche questo stato di insoddisfazione però è importante: serve. E, nella giusta misura per sé, può riaccendere la fiamma pilota della motivazione.

C’è molto di più

Quando ci sentiamo in controllo delle nostre scelte, ad esempio, abbiamo la motivazione necessaria per esplorare e sviluppare le nostre abilità, il ché a sua volta ci aiuta a costruire relazioni più profonde e significative. Le interazioni positive, a loro volta, rinforzano il nostro senso di appartenenza e sostegno, creando un ambiente in cui possiamo esprimere il nostro potenziale senza timore di giudizio. 

Questi sono alcuni degli elementi coinvolti che si presentano non solo come interconnessi, ma che si influenzano reciprocamente, creando un ciclo virtuoso a sostegno di un maggior benessere. 

Quindi, cosa fare?

Il benessere è un concetto grosso e anche un po’ astratto: parlarne in senso generico può spaventare. 

No panic: anche la psicologia, che pur ha studiato il benessere per tanti anni, non lo concettualizza sempre allo stesso modo. Però, per fare ordine, ci sono alcune scatole, alcune aree di cui possiamo occuparci per osservare da prospettive differenti qualcosa che, a prima vista, sembra troppo grande per essere affrontato tutto in una volta.

Questo articolo fa parte di una piccola serie sul benessere psicologico in mobilità internazionale, pensata per chi si trova in una traiettoria d’espatrio ma anche per chi quella traiettoria la osserva, talvolta da lontano.

Questo articolo fa parte di una piccola serie sul benessere psicologico in mobilità internazionale, pensata per chi si trova in una traiettoria d’espatrio ma anche per chi quella traiettoria la osserva, talvolta da lontano.