Comites: una comunità al servizio di chi espatria

I Comites sono organismi rappresentativi delle comunità di italiani all’estero, ma il ruolo che ricoprono non sempre è valorizzato e riconosciuto dalle istituzioni

italiani a Barcellona

Gli italiani regolarmente residenti all’estero sono quasi 6 milioni, cifra che cresce ogni anno: cittadini che usufruiscono dei servizi del paese di residenza ma che sono legati, non solo per questioni burocratiche, alla Circoscrizione consolare di appartenenza. E proprio in questa relazione, tra cittadino expat e istituzione, che trovano spazio i Comites, ovvero gli organismi rappresentativi eletti direttamente dagli italiani residenti all’estero.

Il termine deriva da Com.It.Es (Comitato degli Italiani all’Estero) e viene riconosciuto nel 1985 attraverso un’apposita legge, modificata in seguito nel 2003, che permette di rappresentare gli italiani all’estero nei rapporti con le rappresentanze diplomatico-consolari.

Il ruolo del Comites però va oltre la semplice rappresentanza: il comitato dovrebbe anche contribuire alla promozione dello sviluppo sociale, culturale e civile della comunità italiana, facendo anche attenzione a tematiche come pari opportunità, assistenza sociale, istruzione, formazione, cultura, sport e tempo libero. 

Inutile ribadire, che se parliamo di comitato ci riferiamo a un gruppo di persone attive che si muovono, volontariamente, per perseguire uno scopo altruistico. 

Chi sono quindi i rappresentanti dei Comites e quali attività portano avanti, nella pratica?

Ne abbiamo parlato con Alessio Cusin, consigliere al secondo mandato del Comites di Barcellona e residente in Spagna da circa 20 anni.

Sbrogliare la matassa della burocrazia

Ogni Comites è costituito da 12 o 18 membri, a seconda del numero di popolazione rappresentata, i quali vengono eletti ogni 5 anni dai connazionali mediante elezioni pubbliche, e ricoprono un impegno svolto a titolo totalmente volontario e gratuito.

Il Comites si finanzia anche mediante fondi ministeriali che vengono assegnati per portare avanti progetti inerenti ad attività a favore della comunità italiana locale. Questi fondi posso essere utilizzati per esempio per organizzare manifestazioni culturali, ricreative o sportive, seminari, conferenze o incontri con esperti purché finalizzati all’integrazione dei connazionali residenti. La funzione di rappresentanza dei membri eletti però, non prevede alcuna retribuzione” spiega Alessio Cusin.

Inoltre, il Comites ha anche il compito di collaborare con l’autorità diplomatico-consolare nella tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini italiani residenti nella circoscrizione consolare. A livello pratico, offre anche un supporto volontario a coloro che sono in difficoltà con la burocrazia, cartacea e online, informando e spiegando procedure e documentazione non sempre user friendly e accessibili a tutti”. 

Le persone fanno la differenza

I Comites non si occupano solo di burocrazia. Le attività proposte per creare comunità variano a seconda dei luoghi e delle proposte e iniziative dei rappresentanti. 

Il Comites di Barcellona, per esempio, propone interventi che fanno riferimento a tre ambiti principali, con tre commissioni per ognuno di questi: la cultura, l’integrazione e la relazione con i servizi consolari. Inoltre, funge da punto di riferimento anche per i connazionali che risiedono nelle regioni appartenenti alla circoscrizione consolare di Barcellona (come la comunità Valenciana, la regione di Murcia, le isole Baleari, Aragon e il Principato di Andorra; dove sono presenti anche i consolati onorari), per cui ha attivato una commissione servizi territoriali che mantiene i contatti con le associazioni, gli expat e i consolati onorari”.

Gli italiani che fanno riferimento al Comites di Barcellona sono ad oggi circa 105 mila. Le attività da mettere in campo a servizio di questa vasta comunità sono potenzialmente tantissime, ma per fare ciò è necessario che i rappresentanti del Comites comprendano i bisogni reali dei propri connazionali oltre a avere una conoscenza approfondita del contesto culturale locale.

I Comites sono fatti di persone e le persone fanno la differenza. La conoscenza del territorio può rappresentare un contributo importante, ma altrettanto importante è la capacità di sapersi relazionare con le associazioni locali. I Comites, a mio avviso, devono diventare il punto d’incontro di tutto l’associazionismo a cui gli italiani all’estero fanno riferimento e posizionarsi come mediatori nel dialogo tra l’associazionismo e le istituzioni italiane”. 

Conoscere il territorio: l’integrazione ha diversi livelli

I rappresentanti del Comites solitamente sono italiani residenti da lungo tempo nella circoscrizione di riferimento e ben integrati nel paese di accoglienza. 

Integrati senza dubbio, ma i livelli di integrazione possono essere distinti: ognuno di noi conosce diversi settori, a seconda del proprio percorso personale o della composizione della propria famiglia. Nel mio caso, ad esempio, sono sposato con una cittadina Tedesca e pur vivendo da più di vent’anni sul territorio posso dire che mi sento molto più integrato nella comunità italiana che locale. Al contrario, i miei connazionali che hanno un partner nativo, credo abbiano una rete sociale più locale e magari una conoscenza del territorio più ampia della mia. Ma questo non significa che non si possa fare ugualmente un buon lavoro: siamo una comunità, ognuno ha le proprie conoscenze e competenze e cerchiamo di metterle insieme”.

L’equilibrio precario del Comites

In epoca di recenti elezioni governative, è facile pensare al Comites come a un organismo debole che può essere coinvolto, o travolto, dalla politica. 

Il Comites rappresenta il primo contatto con gli expat di una determinata circoscrizione consolare. Per questo motivo è inevitabile che si converta in una istituzione molto appetibile alla politica.

Ma attenzione: al Comites è espressamente vietato fare campagna elettorale e incluso utilizzare fondi per pubblicazioni e stampe di contenuto elettorale e propagandistico. Molte volte le liste dei rappresentanti si presentano come apartitiche e apolitiche ma tutti sanno l’interesse politico dietro queste. È possibile mettersi al servizio volontario della comunità senza avere secondi fini politici, e questo per me è un elemento molto importate.

Altro punto di debolezza dei Comites è, a mio parere, la relazione effettiva con le rappresentanze diplomatico-consolari. I Comites sono riconosciuti dalla legge ma nella pratica non sempre viene riconosciuto il ruolo che gli spetta. E qui ritorniamo all’elemento personale commentato in precedenza: le persone fanno la differenza”. 

Le tecnologie digitali agevolano la comunità?

Oggi, le tecnologie digitali sono uno strumento fondamentale per reperire informazioni o entrare in contatto con associazioni locali e le comunità di italiani all’estero. Permettono di raggiungere gli expat e favoriscono i legami tra persone che hanno le stesse esperienze o interessi. Uno strumento importante che ha in parte cambiato il modo di vivere expat, ma che non sempre è utile per sentirsi parte davvero attiva di una comunità, stimolando attivismo e partecipazione solo fino a un certo punto.

Nella mia esperienza di expat, ho assistito al cambiamento digitale nel nostro modo di diffondere informazioni e tenere i contatti con la comunità Italiana. Sicuramente le tecnologie digitali hanno facilitato la comunicazione, non c’è dubbio, ma dobbiamo anche tenere conto degli aspetti meno utili e a volte addirittura dannosi.

In rete spesso capita di imbattersi in persone che, palesando la propria esperienza, influenzano quella degli altri non sempre nel modo corretto; inoltre, molte volte vengono fornite anche informazioni non corrette anche da chi non ha davvero le competenze in merito, dando vita a una vera ‘intossicazione dell’informazione’, che invece di aiutare può anche confondere chi non è in grado di filtrare le informazioni. E per quanto riguarda la partecipazione attiva mi inclinerei a dire, dopo anni, che il contributo delle tecnologie non è poi così rilevante.

Se un evento raggiunge tante persone sul web questo non significa che si traduca in partecipazione fisica. E lo stesso vale per il contributo dato alle attività o i servizi per la comunità: non si misura attraverso il numero di post, utili o meno, che vengono fatti, ma attraverso le relazioni umane vere”. 

Una questione di identità

Votare il rappresentante del proprio Comites, così come votare alle elezioni politiche per un paese in cui non si risiede da decenni, mette in moto indubbiamente una riflessione sul sentimento di appartenenza degli italiani expat e su molte altre questioni. Eleggere i rappresentanti del proprio paese d’origine, pur vivendo all’estero e, al contrario, non essere parte politica attiva del paese in cui effettivamente si risiede.

 Nel caso della Spagna dobbiamo fare una premessa: non è riconosciuta la doppia cittadinanza con l’Italia, come invece avviene con la Francia. Sappiamo che le Istituzioni Italiane stanno lavorando e facendo pressione in tal senso ma ad oggi, per esprimere il proprio voto alle elezioni statali bisogna diventare cittadini spagnoli, e quindi rinunciare alla cittadinanza italiana”.

Considerarsi italiani e sentirsi italiani, va di pari passo con il mantenimento della cittadinanza del proprio paese di origine, anche se nella pratica si contribuisce alla crescita economica e alla comunità sociale, per un periodo indeterminato, di un altro paese.

Questa è una questione che mette in crisi chiunque, è un tasto dolente. Nel mio caso specifico, nonostante viva qui da 20 anni e non abbia tra i miei progetti quello di tornare in Italia, vedo me stesso come un italiano expat e non come cittadino spagnolo. E forse per questo motivo il desiderio di offrire le mie competenze e il mio tempo libero agli altri expat è stato un percorso del tutto naturale, guidato dal mio senso di appartenenza.

Non passa giorno in cui non mi esprima nella mia lingua madre, dal lavoro alle amicizie e, in una città come Barcellona, che conta una comunità italiana composta da più di 60.000 persone, è normale scegliere di essere assistiti da professionisti o esperti che parlano la nostra lingua e frequentare luoghi di “italiani”.

Ad oggi, richiedere la cittadinanza spagnola potrebbe significare avere un maggiore coinvolgimento nelle questioni politiche del paese in cui ho scelto di vivere; ma dall’altra parte significherebbe in parte rinunciare a quella identità in cui ancora mi riconosco quotidianamente e pienamente, e che, forse, sta alla base del servizio che ho scelto di offrire agli altri come rappresentante di un Comites”.



Se hai bisogno di supporto e vuoi iniziare un percorso di consulenza di carriera, Transiti è qui per aiutarti: clicca qui per saperne di più e prenotare il tuo colloquio di accoglienza gratuito.