Le norme di genere, sia reali che percepite, giocano un ruolo cruciale nel determinare le opportunità e i ruoli disponibili per uomini e donne in contesti sociali differenti. Parlare di tali norme significa fare riferimento a quell’insieme di aspettative sociali, culturali e comportamentali che associamo ai ruoli e alle responsabilità di uomini e donne all’interno di una società.
Nonostante esista un divario notevole tra i paesi, in generale le disparità di genere rappresentano ancora un fenomeno globale; tale differenza è da ritenersi strettamente legata alle norme sociali e culturali, risultato di processi storici e politici che influenzano profondamente la vita quotidiana e le scelte individuali, dall’accesso al mercato del lavoro alla rappresentanza in posizioni di leadership.
Tuttavia, al di là delle differenze tra le diverse aree del mondo, un aspetto interessante e complesso è la distanza esistente tra le norme effettive – opinioni collettive consolidate – e le norme percepite, ovvero ciò che ciascuno crede sia l’opinione prevalente nella società in cui vive: una percezione non banale che può ulteriormente amplificare stereotipi esistenti, rappresentare un freno verso le pari opportunità e influenzare politiche e comportamenti.
Ma quali sono le implicazioni di queste percezioni sulla parità di genere e sul processo decisionale? E soprattutto, su quali meccanismi bisogna intervenire per superare false percezioni e costruire una società più equa?
Ne abbiamo parlato con Alessandra Voena, docente presso la Stanford University e ricercatrice in Economia della famiglia, la quale ha esplorato il ruolo delle norme di genere nella determinazione delle disparità economiche tra uomini e donne, e l’influenza che la percezione delle norme stesse ha sull’accesso al mercato del lavoro e ai ruoli di leadership.
Come la discriminazione positiva positiva influisce sulla ‘guerra tra sessi’
Lo studio “How are gender noms perceived?” effettuato da Alessandra Voena e un team internazionale di ricercatori descrive, grazie a un sondaggio effettuato in 60 paesi, il divario tra le norme effettive, ovvero le reali opinioni collettive, e le norme percepite, ovvero le opinioni che si credono prevalenti.
“Per iniziare a comprendere cosa si intende per false percezioni, abbiamo chiesto a 1000 italiani la loro opinione sulla discriminazione positiva, ovvero quelle quote rosa che danno priorità alle donne per posizioni di leadership.
Si tratta di un argomento che divide opinioni, anche tra i politici, tra coloro che ne sostengono l’efficacia e chi invece ne ribadisce l’inutilità. Il 55% si è dimostrato favorevole a questa politica: questo dato corrisponde alla norma effettiva.
La situazione cambia quando chiediamo se, secondo gli intervistati e intervistate, sono le donne a essere più favorevoli alle quote rosa. In questo caso, abbiamo il 75% delle risposte affermative. Possiamo già iniziare a notare un divario tra norme percepite e norme effettive. In realtà uomini e donne hanno la stessa opinione: ciò che appare come una ‘guerra tra i sessi’ spesso non corrisponde alla realtà, e tale falsa percezione può influenzare decisioni sociali e politiche”.
La libertà economica fondamentale e il peso eccessivo della minoranza
Se l’opinione pubblica è ampiamente divisa sulla questione delle quote rosa in tutti i paesi oggetto dell’indagine, il divario si riduce quando si parla di libertà economica fondamentale, ovvero la possibilità data alle donne di lavorare fuori casa e svolgere mansioni lavorative al di là del lavoro domestico.
“Anche in questo caso è emersa una ‘misperception’, ovvero la differenza tra la norma percepita e quella effettiva”, afferma la dottoressa Voena.
“La norma effettiva rileva una maggioranza ovunque, che supera il 50%. In genere le donne sono più favorevoli degli uomini (ma non con una lieve differenza) e in Italia si presentano lievi divergenze interne, tra le regioni del nord, del sud e del centro.
Anche in questo caso, però, le norme effettive non coincidono con quelle percepite: il grado di sostegno degli uomini nei confronti del lavoro femminile fuori casa viene infatti sottostimato. Gli uomini sono spesso percepiti come più conservatori rispetto a quanto dimostrano realmente essere. Viene attribuito un peso eccessivo alla minoranza di contrari, e questo alimenta la falsa percezione.
Se nei paesi ad alto reddito pro capite il sostegno delle donne nei confronti delle quote rosa viene sopravvalutato, nei paesi in via di sviluppo sono gli uomini a essere meno compresi”.
Cosa genera la misperception?
Nelle società complesse e in continua evoluzione non è semplice comprendere tutti i fattori all’origine delle false percezioni sulle norme sociali. Tuttavia, possiamo dire che esse derivino da una combinazione di bias cognitivi e influenze sociali.
“Uno dei meccanismi principali è la teoria del falso consenso, per cui le persone tendono a proiettare la propria opinione sulla società e sovrastimare la condivisione di essa”, spiega Alessandra Voena. “In particolare, quando discutiamo con individui simili a noi rafforziamo la convinzione che la nostra sia la visione più diffusa.
Inoltre, in alcuni ambiti, come emerso dall’indagine sulla libertà economica femminile, si verifica il fenomeno della sovrastima della minoranza, in cui una voce contraria, amplificata dai media o dalla memoria selettiva, sembra rappresentare un’opinione più diffusa di quanto sia in realtà. Il risultato in questo caso è che il sostegno degli uomini viene largamente sottostimato. Ovunque la visione della minoranza sembra essere esagerata: più piccola è la minoranza, maggiore è l’esagerazione.
Infine, sono gli stereotipi di genere stessi a contribuire ulteriormente a questa distorsione. Come emerge dall’indagine sul sostegno alle quote rosa, le differenze tra uomini e donne vengono spesso amplificate, consolidando la percezione di una divisione più netta tra i generi di quanto lo sia nella realtà”.
Ecco il motivo per cui le quote rosa vengano percepite come più popolari di quanto siano nei fatti, mentre nei paesi in via di sviluppo la maggioranza favorevole al lavoro femminile è spesso sottostimata.
Come le norme percepite influenzano le norme sociali effettive
Le percezioni di tali norme sociali possono plasmare le convinzioni di ciò che è accettabile per le donne e contribuire alla disuguaglianza di genere, con conseguenze concrete sul mercato del lavoro e sulle opportunità per le donne. Credere che vi sia una forte resistenza sociale al lavoro femminile, anche quando i dati indicano il contrario, può limitare l’aspirazione e la ricerca attiva di lavoro da parte delle donne stesse. In tutti gli ambiti, i media possono amplificare le voci contrarie dando un peso eccessivo a una minoranza rumorosa e contribuendo a mantenere una percezione distorta.
“Uno studio precedente guidato da un altro gruppo di economisti ha scoperto che i giovani uomini sposati in Arabia Saudita spesso sostenevano privatamente il diritto delle donne di lavorare fuori casa, ma credevano erroneamente che la maggior parte degli uomini come loro si opponesse a tale diritto.
Informandoli che il loro sostegno era in realtà l’opinione maggioritaria, gli economisti sono riusciti a cambiare il loro comportamento, rendendoli più disposti a sostenere le loro mogli nella ricerca del lavoro”.
Tali percezioni errate delle norme sociali non sono limitate all’Arabia Saudita. Una dinamica evidenzia l’importanza di un’informazione trasparente e di politiche che contrastino le distorsioni percettive per favorire un ambiente lavorativo più equo.
Quando le norme percepite di genere “migrano” con le persone
Ciò che le persone percepiscono essere l’opinione pubblica su questioni legate alle norme di genere può assumere un ruolo cruciale nell’esperienza migratoria, influenzando le aspettative e le opportunità delle donne che scelgono di trasferirsi. E’ da tenere in considerazione, infatti, che le false percezioni sono radicate ovunque e sono determinate da stereotipi cognitivi e sociali.
Quando le coppie migrano, in generale si osserva una dinamica in cui lo stipendio dell’uomo tende ad aumentare, mentre quello della donna subisce limitazioni.
Queste percezioni non solo modellano il pensiero individuale ma generano un’asimmetria nelle opportunità per le donne, tanto da plasmare anche le opportunità economiche e sociali.
“Dobbiamo però considerare che alcuni studi condotti sulle norme di genere in USA che hanno preso in considerazione il processo di integrazione delle donne migranti provenienti da vari paesi del mondo, hanno evidenziato che il loro tasso di occupazione era proporzionato al tasso di immigrazione dei paesi di origine. Le norme sociali del paese di origine continuano ad avere un’importante influenza nell’esperienza migratoria”, conclude Alessandra Voena.
La diffusa percezione errata delle norme sociali stimola in ambito migratorio una riflessione che sottolinea l’importanza di un’analisi critica delle pari opportunità reali nel paese di destinazione, ma anche di quello di origine. In ottica più ampia, può chiarire il motivo per cui i progressi verso l’uguaglianza di genere sono rallentati. Mettere in questione e riformulare le percezioni delle persone riguardo alle norme sociali potrebbe essere un modo per accelerare i progressi sull’uguaglianza di genere nei diversi paesi.