Italian Women: una community a supporto delle esperienze di mobilità femminile in USA

IWUSA sostiene a 360 gradi le donne italiane che vivono negli Stati Uniti, offrendo supporto relazionale ed affettivo che va oltre il semplice aiuto pratico.

In un post su Facebook del 2016 la scrittrice Michela Murgia, a chi le chiedeva “Ma tu dove hai casa esattamente?” rispondeva “Io so dire solo in chi”, condividendo un’idea di casa allargata e multiforme, poetica e ricca di sfumature (v. in coda all’articolo la citazione completa dell’autrice).

Per le persone che vivono in una traiettoria di espatrio la molteplicità, la sovrapposizione, l’abbraccio tentacolare di mille familiarità a cui fa riferimento l’autrice sarda è quanto mai calzante. Per molte donne che hanno lasciato il proprio paese per iniziare una nuova vita oltreoceano, “casa” è anche una community online, un posto sicuro in cui condividere esperienze e trovare ascolto e supporto, dove potersi mostrare disorientate e vulnerabili senza il timore di sentirsi giudicate. 

La Community Italian Women in USA nasce nel marzo 2019 dall’iniziativa di Cornelia Pop, espatriata alle prese con lo shock culturale e con il suo bisogno di trovare la propria “family away from home” attraverso la connessione con donne aventi esperienze simili alla sua. Avevamo già parlato di lei qui, sul nostro Expat Blog.

Dal giorno della sua fondazione ad oggi, il gruppo Facebook  ha raggiunto oltre 8600 donne dai 25 ai 60 anni, conta 25 Chapters locali, fa affidamento su un team di Contributors volontarie che si impegnano costantemente a coordinare le molteplici attività online (blog, newsletter, webinar tematici) e su Ambassador focalizzate sull’organizzazione di eventi in presenza in quasi tutti gli Stati americani.

Di recente abbiamo intervistato nuovamente la founder di IWUSA, Cornelia Pop, per chiederle, alla luce della crescita straordinaria del suo progetto, qual è lo stato attuale della Community e quali prospettive intravede nel futuro.

Il motto della Community: growing together

IWUSA è cresciuta ma la sua mission è rimasta immutata: supportare a 360 gradi le donne italiane che vivono negli Stati Uniti, rispondendo a bisogni diversi a seconda della fase di espatrio. Quando una donna si trasferisce, la Community offre supporto pratico su questioni come la ricerca di una casa o l’assicurazione sanitaria, aiutandola a navigare in un sistema nuovo e complesso.

Per chi è negli Stati Uniti da più tempo, IWUSA offre opportunità di networking professionale e crescita personale, attraverso la proposta di workshop e la condivisione di annunci di lavoro. 

La bellezza di IWUSA è che attraiamo donne con background differenti, ma unite dall’esperienza comune dell’espatrio e dall’eredità culturale italiana. La diversità delle esperienze che queste donne portano crea un ambiente di apprendimento reciproco: imprenditrici che offrono consigli a giovani professioniste, madri che condividono le loro modalità di bilanciamento tra vita familiare e carriera. Abbiamo visto molte donne ritrovare la fiducia per rientrare nel mercato del lavoro o lanciare nuove attività imprenditoriali grazie al supporto trovato all’interno della community e spesso vediamo nascere collaborazione tra donne che, pur essendo in stadi diversi della loro esistenza, trovano modi per sostenersi a vicenda e dar vita a nuovi progetti insieme.”

Quello che rende IWUSA un punto di riferimento speciale per chi ne fa parte è la capacità di offrire un supporto relazionale ed affettivo che va oltre il semplice aiuto pratico. Le donne che migrano in USA spesso affrontano momenti di solitudine e disorientamento, e trovare uno spazio protetto che le accoglie con calore e comprensione può dare un significato completamente diverso alla loro esperienza di mobilità internazionale. 

Per far sì che tutto ciò accada, il buon funzionamento della Community è fortemente basato sul valore della condivisione e del giving-back

Ogni donna contribuisce con la sua particolare esperienza e con il desiderio di aiutare le altre. Questo ci permette di creare un ciclo continuo di supporto, dove la comunità diventa una rete solida di risorse e legami che durano nel tempo. Ho visto amicizie durare anni, e questo fa sì che IWUSA sia percepita come una seconda famiglia.” Una famiglia non solo virtuale. 

In particolare dopo l’emergenza Covid-19, l’esigenza di incontrarsi si è fatta via via più forte. A colmare la mancanza della componente locale, sono arrivate le Ambassador, in continuo aumento. Comprese le assistenti, oggi sono circa 50 le volontarie impegnate disseminate tra i vari Stati a proporre, coordinare e organizzare i circa 300 appuntamenti annuali che permettono alle IWUSA di incontrarsi dal vivo per un aperitivo, una sessione di yoga, una visita al museo e molto altro.

Queste donne costituiscono la “vera forza motrice dietro ogni iniziativa”. 

Il ruolo della Ambassadors locali: tra gratuità e reciprocità

Abbiamo incontrato una di loro, Gisella Alfieri Sabattini, che vive negli Stati Uniti dal 2013 ed è Ambassador del Chapter Silicon Valley, uno dei più attivi. 

Il gruppo locale riunisce numerose professioniste legate al mondo della tecnologia, della ricerca e delle start-up, ma molte sono mogli e madri che si spostano per il lavoro del partner. Il network di IWUSA offre molteplici opportunità di connessioni reali, per integrarsi nella comunità del posto, attraverso eventi sociali, iniziative di volontariato e attività specifiche per appassionate di diverse discipline (trekking, book club…). 

Con lei abbiamo affrontato in particolar modo il tema della gratuità. Gisella, come le altre contributors, dedica tempo, energie e competenze, spinta dalla volontà di creare connessioni in un ambiente accogliente e stimolante. La gratitudine e la soddisfazione di vedere altre donne prosperare e sentirsi a casa in un nuovo contesto, insieme ai legami personali e professionali che ne derivano, creano un senso di realizzazione e appartenenza che va oltre l’aspetto economico”.

Aver sperimentato in prima persona le difficoltà e le sfide di vivere in un paese così lontano geograficamente e culturalmente dal proprio è la chiave per comprendere l’origine della volontà di restituire alla community il sostegno ricevuto.

Vedere i benefici concreti del proprio contributo nel migliorare la vita di altre donne è una motivazione potente e gratificante. Questa energia positiva è diventata ‘contagiosa’: nella nostra zona, dove le donne sono numerose e straordinarie, molte hanno trovato qui un luogo sicuro e di supporto, decidendo di unirsi attivamente, così è nato un comitato, un gruppo ristretto di donne eccezionali, che ora condividono pienamente la missione e mi aiutano nella gestione di questo meraviglioso chapter locale. Un enorme ringraziamento a Paola B., Paola L., Elisa, Manuela, Laura e Simona.”

Le criticità nel retroscena

L’armonia del team che trapela dai discorsi di chi fa parte di IWUSA è il risultato di un’organizzazione complessa, in grado di tenere in equilibrio tutte le componenti, nonostante la costante evoluzione interna e dell’ambiente che lo circonda. 

Con Cornelia e Gisella abbiamo anche parlato di quali sono le criticità nella gestione di una community così ampia. 

La sfida maggiore è quella di mantenere un sense of belonging tra membri distribuiti su un territorio così vasto. Il coordinamento tra i Chapters richiede una leadership forte, una strategia ben definita e strumenti di comunicazione chiari, accompagnati da un sistema di feedback continuo per garantire che le voci di tutte le nostre donne siano ascoltate. – ci spiega Cornelia – Essendo una community volunteer-managed, dobbiamo bilanciare attentamente progresso e rispetto per il tempo e l’impegno di ciascuna. Stiamo implementando nuovi processi per semplificare la gestione e aumentare la partecipazione attiva, senza sovraccaricare le volontarie e focalizzandoci sul creare valore tangibile per le nostre IWUSA.” 

Gisella sottolinea che la coordinazione di eventi e iniziative che coinvolgono partecipanti in diverse fasce orarie e con differenti interessi richiede attenzione e flessibilità. Infine, assicurare che la comunicazione sia efficace e inclusiva per tutte, indipendentemente dalla loro posizione geografica, è una sfida costante.

Trovare la propria rete per sentirsi a casa

Nonostante le difficoltà, la Community è una fonte inesauribile di nuovi progetti. Di recente è stato lanciato il podcast WE ARE IWUSA, che racconta storie di cambiamento, di ripartenze e di resilienza che possono essere di ispirazione per le donne in ascolto.

Guardando avanti – sottolinea Cornelia – vogliamo ampliare la nostra portata con più Chapters locali e costruire relazioni strategiche con istituzioni e aziende italiane negli Stati Uniti. La nostra visione è di creare un ecosistema globale che supporti ogni donna italiana, qualunque sia la sua fase di espatrio, indipendentemente dalla distanza geografica e dalla provenienza, fornendo risorse su misura per aiutarla a migliorare la sua experience negli Stati Uniti.

Gisella sintetizza così il  messaggio che, a tutti i livelli e attraverso tutte le iniziative proposte, si vuole trasmettere: Non sei sola! Anche in un contesto culturale nuovo e apparentemente estraneo, esistono comunità come IWUSA pronte ad accoglierti e a offrirti il loro supporto. Cerca attivamente queste reti di sostegno, partecipa agli eventi e non avere paura di chiedere aiuto. Ogni passo verso l’integrazione sarà più facile sapendo di poter contare su una rete di persone che ti comprendono e ti sostengono. La solidarietà e la condivisione sono le chiavi per ritrovare il tuo equilibrio, per costruire una nuova vita piena di opportunità e relazioni positive. Per sentirti parte di una comunità e sentirti a casa, ovunque tu sia.

Quando la casa è in pericolo

Proprio mentre veniva programmata la pubblicazione di questo articolo, le donne della Community hanno dato prova di quanto si adoperino concretamente le une per le altre.

A seguito dell’Uragano Helene che ha duramente colpito la North Carolina, le Ambassador IWUSA – guidate da Tiziana Ciacciofera (Ambassador di Houston) e con il prezioso supporto di Giulia Castellini (Ambassador in North Carolina) – hanno promosso un’iniziativa di solidarietà che incarna pienamente i valori di IWUSA. 

In meno di 24 ore, grazie al tempestivo impegno dei chapters e delle contributors, sono stati raccolti oltre 1146 pounds di beni di prima necessità, consegnati da Giulia alla Second Harvest Food Bank di Charlotte. L’iniziativa, coordinata tramite una wishlist su Amazon, ha avuto un impatto immediato e concreto, confermando ancora una volta la forza della rete e la generosità delle IWUSA. 

 

“Ma tu dove hai casa adesso esattamente?”

Ogni volta che qualcuno mi fa questa domanda non so mai cosa dire. È quell’avverbio – “esattamente” – che mi ammutolisce, e non solo perché io una casa esattamente non ce l’ho, ma anche perché non sono sicura che la casa rientri nel novero delle realtà esatte.

Se per casa si intende il posto in cui arrivano le multe dell’auto, in cui faccio le lavatrici e in cui il gatto mi riconosce, allora casa mia è Cabras, è Torino, è Roma. Se invece per casa si intende quell’approdo da dove anche chi parte per mille destinazioni ha la tendenza segreta a ritornare, allora l’esattezza va del tutto a farsi benedire e subentra la molteplicità, la sovrapposizione, l’abbraccio tentacolare di mille familiarità.

Perché casa mia è una donna con un rossetto da ragazza che sforna una torta al cioccolato prima di uscire con me, ancora profumata di lievito e vaniglia. È una signora di settant’anni che scova in un armadio un caftano mai messo e se lo infila, perché crede che di feste nella vita gliene spettino ancora. È un gruppo di whatsapp dal titolo surreale che mi regala leggerezza proprio quando il mondo fa di tutto per portarmi a fondo.

Casa mia è un treno che si ferma a Oristano in pieno agosto e la signora che scende col cappello rosso lo fa per me. È un amico timido che affida i sentimenti agli sms, perché un “ti voglio bene” così vero si può confessare solo se non lo sente nemmeno chi lo dice. È una coppia di amici in moto che viaggia verso il mare di notte per fare un bagno con te, nudi come trent’anni fa, lasciando a casa figlie, nipoti e cane.

Casa mia è un fratello capace di prendere in mano il posto che si è divorato la sua adolescenza e trasformarlo nel giardino in cui far fiorire le piante grasse, la sua maturità e i sogni dei suoi figli. È una bambina bionda che mi si addormenta addosso perché non conosce altri modi di dirmi che per lei io sono un luogo sicuro. È la chiave di un appartamento dove un gatto grigio può decidere che, in assenza dei padroni, nel letto gli vado bene pure io.

Casa mia è un amico che ride e canta gli U2 a squarciagola al mio fianco mentre corriamo brilli per le strade della Marmilla. È una donna che sa insegnare alla sua bimba che crescere significa accettare di essere misurate da chi ti ama. È una scritta temeraria col gessetto lasciata di nascosto su una lavagna da una mano che aveva fretta, ma il tempo per quello l’ha trovato.

Casa mia, se c’è, è l’uomo amato che si sveglia in un’alba di Salisburgo e sa che la sua casa resto io, ovunque.

Non c’è niente di esatto in tutto questo ed è meglio così.

È il motivo per cui non è utile che mi si chieda dove ho casa.

Io in onestà so dire solo in chi. 

Michela Murgia