La scelta di partire: appunti di psicologia d’espatrio

Partire è una scelta che implica importanti trasformazioni interne. Tra i molti fattori che portano a questa decisione, c’è anche il desiderio di rispondere a dei bisogni psicologici.

​​Cosa ci spinge a partire (o a restare)

La scelta di partire è spesso influenzata da cause esterne e oggettive. In alcuni casi, questi elementi di oggettività possono essere motivazioni razionali ed esplicite che diamo a noi stessi per spiegarci l’emergere di bisogni che hanno un’origine più profonda, interna, di cui magari non siamo del tutto consapevoli. Per esempio, tra le molte possibili, andare alla ricerca di nuovi orizzonti ed esperienze che accrescano il nostro bagaglio può essere una necessità che spinge verso una traiettoria di espatrio. In altre situazioni, la voglia di partire potrebbe rappresentare una sorta di fuga, l’esito di un vissuto dal quale si cerca un allontanamento.

In ogni caso, non sempre questi desideri si concretizzano in esperienze migratorie reali. D’altronde, andare a vivere in un altro luogo implica delle difficoltà oggettive, di natura pratica. Inoltre, questi slanci potrebbero scontrarsi con una naturale e comprensibile tendenza a rimanere vicino a ciò che per noi è sicuro, familiare e rassicurante. Infatti, è inevitabile che avvenga, nella vita della persona che decide di emigrare, una rottura dell’equilibrio preesistente, e questa fase può costituire un momento di sofferenza. Scegliere di partire ci costringe sempre a rapportarci con il vissuto di separazione. Il cambiamento, allora, in quanto viaggio verso un ignoto difficilmente tollerabile, potrebbe indurre ad abbandonare il progetto migratorio.

Le difficoltà del viaggio

Secondo alcuni ricercatori come Neil Altman e Susan Bodnar, per chi sceglie di partire il confronto con la paura della perdita della propria rete sociale, conosciuta e prevedibile, potrebbe alimentare un vissuto di ansia rispetto ai rischi di isolamento e solitudine, che contribuisce a erodere il senso di appartenenza a un determinato contesto.

Partenza e separazione sono eventi di vita che vengono elaborati come un lutto, dovuto al distacco dal proprio gruppo originario, dai legami costruiti durante l’infanzia, dalla famiglia, da amiche ed amici. Ma anche da aspetti meno visibili, come le abitudini, la propria lingua madre, la cultura di appartenenza.

Chi “resta” (amici, amiche, familiari etc. che osservano e accompagnano il movimento migratorio di qualcun altro da lontano) continuerà a interagire; le relazioni evolveranno, cambieranno, si rafforzeranno o indeboliranno. Le questioni di casa continueranno a tenere impegnati i nostri familiari. Ma noi non saremo testimoni (almeno fisicamente) di queste trasformazioni. 

La negoziazione della partenza con le nostre persone significative è un elemento importante per il benessere psicologico. Chi emigra, infatti, ha bisogno di sostegno esterno per realizzare il proprio progetto e per affrontare anche i possibili pareri contrari. Non è inconsueto che chi sta valutando la possibilità di partire si trovi di fronte a differenti schieramenti rispetto alla propria scelta. I membri dei propri gruppi di riferimento tenderanno a prendere una posizione, che tenderà a essere più orientata a favore o contro il progetto di espatrio. Queste dinamiche possono essere di grande impatto emotivo, fino ad arrivare a tingere l’ambiente circostante e le relazioni di differenti colori a seconda di queste polarizzazioni.

Sarà normale sentirsi in bilico, divisi tra situazioni che favoriscono la partenza e voci che la sconsigliano. Ci si troverà a svalutare o esaltare l’una o l’altra prospettiva con emozioni e fantasie che mutano rapidamente. 

L’importanza del comprendere la propria voglia di partire da un punto di vista psicologico

La voglia di partire e conseguentemente la scelta è il punto di partenza emotivo del migrante. Può essere una scelta più o meno maturata nel tempo o frutto di eventi contingenti gravi che spingono la persona a decidere di allontanarsi in poco tempo. La partenza e le condizioni nelle quali avviene, i motivi stessi della scelta intrapresa, sono importanti perché condizionano tutta la traiettoria dell’esperienza migratoria. Traiettoria che non è solo geografica, ma anche mentale ed emotiva”.

(Bellodi, 2016)

Anche se, spesso, le questioni pratiche e burocratiche si impongono con urgenza, è importante tenere a mente che partire significa sempre anche mettersi in discussione e incontrare delle difficoltà. Talvolta, non siamo in grado di riconoscere la fatica derivante da queste difficoltà che stiamo vivendo, poiché è attutita da alcune “protezioni” che attiviamo senza accorgercene. Avere la possibilità di riflettere ed elaborare le complessità dell’espatrio permetterà a chi parte di crescere e affrontare la situazione.

Maturare è, però, diverso dall’essere consapevoli della propria crescita. Allo stesso modo, essere migrante è un concetto molto diverso dall’essere consci di ciò che l’emigrare stesso comporta. Riconoscersi nell’identità di migrante implica assumere fino in fondo le verità e le responsabilità relative a questa condizione, comprese le paure e le aspettative, proprie e altrui, che sottostanno a un evento così importante, che segna un prima e un dopo.

Non esistono storie, o traiettorie, di migrazione che siano uguali le une alle altre. Ma ciò non significa che non si debba riconoscere l’importanza di alcune questioni psicologiche comuni a molte. Sono, queste, criticità che interessano sia il soggetto che emigra che il suo ambiente, e che si riferiscono tanto alle motivazioni che sottendono la voglia di partire quanto alle conseguenze del viaggio intrapreso. 

Questo articolo fa parte di una piccola serie sul benessere psicologico in mobilità internazionale, pensata per chi si trova in una traiettoria d’espatrio ma anche per chi quella traiettoria la osserva, talvolta da lontano.