Patrizia Pasqualetti, una storia di espatrio e imprenditorialità femminile in USA: il gelato lento nella terra del fast food

Amore per la tradizione, materie prime di alta qualità e lavorazione artigianale rendono il gelato di Patrizia Pasqualetti un simbolo dell’eccellenza gastronomica italiana negli Stati Uniti e un punto di riferimento emotivo per mantenere vivo il legame con la cultura d’origine.

Quella di Patrizia Pasqualetti, business owner di Gelato, è una storia di imprenditorialità femminile ed espatrio emblematica, un esempio di coraggio, resilienza e apertura al cambiamento che vale la pena raccontare.

La sua famiglia produce gelato da 45 anni, prima in una cittadina tra le colline umbre – Castel Viscardo – e poi al centro di Orvieto.

Dalla rupe dove è nata e cresciuta, Patrizia sembra aver assorbito il temperamento vulcanico e vitale. Da suo padre ha imparato, oltre a ingredienti e dosaggi, che “le cose buone sono universalmente buone”. Dall’incontro con i farmers americani ha appreso come si possa rimanere fedeli alla tradizione mostrando al contempo curiosità e gratitudine verso le terre che la ospitano.

L’esperienza di Patrizia oltreoceano inizia nel 2017 con una consulenza in una gelateria a San Francisco, sfociata poi, nel 2022, in un’attività in proprio dalla rapida espansione. Oggi è possibile gustare i suoi gelati all’interno dei negozi Eataly in Silicon Valley, Los Angeles, New York, Boston, e altre aperture sono in programma prossimamente. 

Le sue gelaterie, per molti italiani residenti all’estero, sono diventate un centro di aggregazione, un posto dove incontrarsi come in piazza la domenica.  

Il valore del cibo nei contesti d’espatrio: elemento identitario, di aggregazione e di scambio

Nei contesti d’espatrio, il cibo ha un valore particolare. Nell’approdare a culture altre, più o meno diverse e distanti, in quel vissuto destabilizzante che ogni persona in una traiettoria di espatrio conosce bene, soprattutto quando la permanenza è prolungata, di frequente sorge l’esigenza di restare ancorati alla propria identità, di tenere aperti i collegamenti con le proprie radici e abitudini, di trovare posti e sapori familiari. Il gelato, notoriamente uno dei simboli del made in Italy nel mondo, è uno degli alimenti che – al pari di pasta e pizza – meglio rispondono a questo bisogno. 

Ma oltre a cosa mangiamo, è importante anche in che modo lo facciamo, dove e con chi. Il contesto ha il potere di modificare sostanzialmente il significato, e il valore simbolico del cibo è spesso in grado di prescindere anche da quello nutrizionale.

Patrizia – da perfetta padrona di casa – riconosce e accoglie questa esigenza di aggregazione ponendosi sempre in prima linea, con paletta e cappello da chef, ad accogliere i suoi clienti, a proporre assaggi in un clima di italica convivialità, a suggerire le combinazioni di gusti più creative, ad accompagnare bambine e bambini curiosi dietro le quinte del suo laboratorio.

Se il gelato incontra l’America rurale

Il cibo si conferma così uno dei più potenti veicoli di autorappresentazione.  Contemporaneamente diviene strumento di comunicazione, sperimentazione e scambio, perché si presta a ogni sorta di invenzione e incrocio attraverso influenze multidirezionali. 

Così come ogni traiettoria di espatrio è un costante processo di ibridazione che implica l’accettazione di norme e costumi diversi dai propri, mantenendo nel mentre il proprio sistema di valori, allo stesso modo il gelato di Patrizia rimane fedele alle ricette originali della tradizione familiare, ma nello stesso tempo si avvale di materie prime locali attivando uno scambio – non solo economico – con il territorio.

Patrizia racconta con grande emozione dell’incontro con il mondo legato alle fattorie locali, della scoperta di un’America sentimentale e rurale – lontana dal capitalismo sfrenato e senza scrupoli di certi stereotipi – in cui amore per la natura e dedizione alla qualità costituiscono il terreno comune capace di abbattere ogni barriera linguistica o culturale.

Inoltre, la presenza di punti vendita in aree diverse costituisce un osservatorio privilegiato su differenti tipi di utenze e di palati. Ad esempio, in Silicon Valley è presente un’alta percentuale di popolazione asiatica che è educata ai sapori delicati, in purezza, e mostra di apprezzare particolarmente i suoi gelati.

Anche gli orari di chiusura sono variabili a seconda della zona, in base allo stile di vita predominante, più middle-american a Boston, più cosmopolitan a New York, con un’alta percentuale di italiani a Los Angeles.

Affrontare così tante dinamiche sociali diverse richiede un alto grado di autocosapevolezza e flessibilità. La parola che ricorre più spesso nei discorsi di Patrizia è “curiosità“, anche negli aspetti pratici. Ad esempio, il dover imparare a convertire il dosaggio degli ingredienti in un diverso sistema di misurazione è un lavoro mentale costante – che suscita in lei più riconoscenza che stanchezza.

Cosa significa essere imprenditrice in US

Abbracciare la cultura statunitense vuol dire imparare a muoversi lungo un crinale sottile tra aspirazioni e rischio. L’idea che ognuno possa realizzare il proverbiale sogno americano attraverso i suoi meriti, il duro lavoro e l’assunzione di rischi è centrale. Così come è noto quanto il mercato sia più fluido, per molti versi meno tutelante, ma anche più aperto alla possibilità di cambiare spesso.

Patrizia parla della possibilità di reinventarsi nel continente americano come di un dono e un privilegio, in un’età considerata spesso erroneamente come di declino e inattività.

L’imprenditrice racconta: “Ho lasciato in Italia un modo di fare impresa aggressivo e reso complicato da una burocrazia incapace di evolversi e da un sistema fiscale pesante, in cui i giovani non sono incoraggiati a provare, sbagliare e ricominciare.” Patrizia considera l’errore una parte imprescindibile del processo di impresa, percepito invece spesso come un motivo di vergogna e vissuto fallimentare.

All’inizio, come è facile immaginare, il suo percorso non è stato esente da momenti di difficoltà e demotivazione. Ma anche ora che dalle vetrine con le scritte colorate al neon delle sue gelaterie tutto sembra andar bene. 

Patrizia ci confida di non aver sufficientemente studiato il sistema di replicabilità della sua impresa e di averne sottovalutato il potenziale. Il carico di lavoro è diventato rapidamente più pesante, e proteggere il nucleo della sua attività senza lasciarsi snaturare dalla velocità di azione richiesta dal sistema America è sempre più difficile. “Rispettare se stessi e i propri ritmi significa lavorare meglio. Chiedo spesso al mondo di adeguarsi a me, non voglio diventare una macchina. Le cose buone richiedono tempo, così come i buoni pensieri.

Riuscire a mantenere la sua filosofia senza essere inghiottita dall’evoluzione della sua stessa impresa è il suo obiettivo.

I valori: sostenibilità e senso di comunità

Patrizia sottolinea con orgoglio che il suo gelato ha conservato la sua autenticità, il know how di tre generazioni di artigiani. “Non si è americanizzato”, eppure gli ingredienti con cui e’ preparato sono quasi esclusivamente locali, freschi, per poter garantire un prodotto a Km zero, in linea con la filosofia ecosostenibile portata avanti già da suo padre.

I vantaggi di tale approccio sono  senza dubbio economici e ambientali, ma abbracciare questo tipo di filosofia consente soprattutto di conoscere direttamente le persone, le loro storie, le politiche e i processi che stanno dietro ciascun prodotto, oltre che di supportare le realtà locali.

Patrizia crede fortemente nella comunità, nella condivisione, nel supporto reciproco. Le sue scelte rivelano una spiccata attenzione per il mondo femminile. Per tante sue dipendenti – espatriate e alle prese con il reinventarsi e sperimentarsi in nuove carriere – lavorare con lei costituisce un importante veicolo di emancipazione.

L’imprenditrice porta avanti uno stile di leadership improntato alla creazione di rapporti che definisce di amicizia e complicità con il team. I suoi collaboratori, ognuno con le proprie peculiarità, sono considerati tasselli importanti dell’organizzazione e parte attiva nel concorrere alla riuscita di un progetto comune.

Tempo e cura non sono dunque dedicati solo alla scelta delle materie prime e alla preparazione del prodotto finale, ma all’ascolto attivo delle esigenze dei membri dello staff, nel rispetto dei tempi di tutti. “Oggi ci sono state sedute plenarie. Rientrata dall’East Coast ogni ragazza che lavora con me aveva qualcosa da dire o da chiedere, mi sono messa seduta e a rotazione le ho ascoltate tutte.” 

Vivere l’espatrio lontano dai luoghi comuni

L’invito di Patrizia è quello di andare oltre gli stereotipi e i luoghi comuni per aprirsi con curiosità alle culture che incontriamo, vivendo l’espatrio come una grande opportunità, come un’avventura quotidiana, affrontandolo con lo spirito di turisti in avanscoperta. 

Anche quando ci si trova all’estero perché si accompagna qualcuno e non per iniziativa puramente personale, è possibile trovare il proprio posto e la propria zona di comfort, lontano dai luoghi comuni. 

Patrizia racconta:Quando sono stanca vado nei supermercati asiatici, osservo quello che comprano le persone, imparo cose nuove, e penso che se fossi rimasta a Orvieto non avrei potuto fare lo stesso”.