Tutelare diritti e interessi della comunità italiana in UK: la traiettoria di espatrio e l’impegno nel Comites di Anna Cambiaggi

La mobilità è ereditaria? Ad ascoltare il racconto delle traiettorie di espatrio di Anna Cambiaggi e della sua famiglia, parrebbe proprio di sì: “Il movimento è nel sangue da generazioni. Il bisnonno di mia mamma è di origini ucraine, abitava in un paese sul confine, ha una storia di spostamenti multipli”. 

Anna è fuori dall’Italia dal ‘95 e si prepara al rientro con il marito inglese, con la pacatezza e la precisione che contraddistinguono la sua persona; i loro figli si muovono tra Londra, contesto italiano ed estero per esperienze di studio e lavoro. La biografia degli espatri, al plurale, di Cambiaggi, è interessantissima e avvincente. E’ una storia personale, familiare, che ha una circolarità nelle sue partenze, nei suoi rientri e slanci. Ma è anche una storia in cui ci si può rispecchiare per i molti temi che interseca: la carriera nella ricerca scientifica come primo motore degli spostamenti, mobilità femminile, doppia cittadinanza, genitorialità all’estero, il ruolo di rappresentanza della comunità italiana a Londra. E, infine, è una storia che riflette la capacità di mantenere legami con l’Italia e mettere radici profonde in un luogo diverso da quello di origine – il Regno Unito. Cambiaggi, con la sua presenza, sembra incarnare appieno il senso di appartenenza a più luoghi e a più comunità, non solo per se stessa e la propria famiglia, ma anche per altre persone italiane all’estero, per le quali genera opportunità di partecipazione e coinvolgimento nel suo ruolo di Consigliera del Comites di Londra

Per Transiti, è stata un punto di riferimento fondamentale* per la progettazione e realizzazione delle iniziative di Traiettorie in Europa a Londra. La sua presenza fisica sul territorio, la sua capacità di fare da “collante relazionale”, e la sua conoscenza profonda delle molte comunità italiane nella capitale britannica hanno fatto da ponte nel nostro incontro con i bisogni psicologici di questa fascia di popolazione. 

La carriera da ricercatrice e la genitorialità all’estero: un espatrio dalle molte sfaccettature

Marsiglia assomiglia a Genova, e il senso dell’umorismo francese non è così lontano dalla cultura italiana. E’ una città del sud più tollerante verso chi non parla la lingua locale, e questo è stato d’aiuto nel distacco iniziale, rendendolo un espatrio più dolce”, racconta Cambiaggi.

Come per molti altri, il suo primo movimento verso l’estero, trent’anni fa, avviene per perseguire la carriera nell’ambito della ricerca scientifica. Dopo la laurea e un periodo come ricercatrice in immunologia a Genova, lascia la Liguria e un contesto lavorativo in cui sente che sarebbe rimasta impigliata nella precarietà per collaborare con un ricercatore francese a Marsiglia. Nonostante il contesto professionale stimolante, l’inizio del percorso non è semplice: a sei mesi dalla sua partenza si apre, con la perdita del padre, il capitolo dell’elaborazione del lutto da lontano. Per quanto doloroso, per lei è anche un periodo di crescita e di rifornimento emotivo, grazie ai “pezzi di famiglia che venivano in pellegrinaggio a Marsiglia”, e che mantengono saldo e significativo il legame affettivo con l’Italia. 

L’incontro con un ricercatore inglese in fisica teorica, che diventerà suo marito, si traduce in un anno di andate e ritorni tra Marsiglia e Parigi, dove lo raggiungerà dopo aver chiesto il trasferimento al suo capo. “Storia comune a molti post-doc: arrivato il momento di spostarci di nuovo, avevamo in mente di stabilirci in uno dei nostri due paesi di origine, l’Italia o il Regno Unito. Nel ‘99 siamo arrivati a Oxford. Dalle grandi città dove avevo vissuto fino a quel momento, mi sono trovata in un luogo piccolo, che mi stava stretto, con una certa arroganza e un peso della storia che hanno reso difficile l’impatto con il Regno Unito”. 

Dopo il matrimonio, la nascita del primo figlio, e un drastico cambio di ambito lavorativo per il marito, la famiglia migra a Londra. “Con la maternità ho capito che sarebbe stato troppo difficile rientrare a lavorare nella ricerca. Volevo che i miei figli coltivassero anche la parte italiana della loro identità culturale, volevo avessimo la possibilità di rientrare a mantenere il legame con il mio Paese. Ho deciso di non rientrare a lavoro, compiendo una scelta che forse può sembrare iper-tradizionalista, ma che mi ha permesso di dedicarmi a questo legame e di impegnarmi socialmente”. Una scelta che riflette, da un lato, il precario equilibrio tra carriera e famiglia, e, dall’altro, la complessità dell’esperienza di genitorialità all’estero, in cui si mescolano aspetti critici e possibilità: il legame con le culture e le famiglie di origine, la rinegoziazione dell’identità e dei ruoli familiari all’interno di paradigmi culturali differenti e le questioni linguistiche ne sono solo alcuni esempi.  

A servizio della comunità 

Quel tempo che Cambiaggi guadagna abbandonando la ricerca, per la quale continua a nutrire una passione profonda, decide di reinvestirlo impegnandosi nel sociale e nutrendo relazioni che permettano alla famiglia di integrarsi nell’intricato, velocissimo, perennemente indaffarato contesto londinese. “Il desiderio di dare qualcosa indietro rispetto alla scelta privilegiata che avevo potuto fare si è tradotta inizialmente nel volontariato nelle scuole dei miei figli, esperienza che mi ha permesso di ampliare la cerchia di conoscenze. Si sono creati legami significativi e rituali che rimangono ancora vivi”.  

La predisposizione alle relazioni e la dedizione alla comunità si trasformano, nel tempo, in impegno politico, anche sulla spinta di cambiamenti sociopolitici più ampi, che toccano la comunità italiana in Regno Unito. 

Nel 2016, “Lo shock della Brexit: da cittadina europea, mi sono sentita per la prima volta non benvoluta. Dalla sicurezza della tua posizione di privilegio ti rendi conto che non è vero, non sei mai stata accettata. La mattina successiva ai risultati del referendum, ho percepito un cambiamento nelle mie conoscenze inglesi. Amiche fredde ed esitanti, un’aria strana. Se fino ad allora non avevo sentito l’esigenza di frequentare la comunità italiana, preferendo piuttosto investire energie per integrarci nel contesto inglese, da quel momento ho sentito un richiamo maggiore nel cercare ‘italianità’ a Londra”

Il decreto-legge del 2018 sulla cittadinanza ha una eco simile, anche se nella direzione opposta: questa volta, a imporre restrizioni e una progressiva chiusura è l’Italia. Per richiedere la cittadinanza è necessario dimostrare la conoscenza dell’italiano superando degli esami di lingua, ma non ci sono scuole, enti certificatori, punti di riferimento e risposte chiare. Insieme ad altre persone che avevano, come suo marito, coniugi che volevano ottenere la doppia cittadinanza, Cambiaggi porta avanti azioni di advocacy, ed è a questo punto della sua storia che avviene l’incontro con il Comites. 

L’attività con il Comites di Londra

Si apre un dialogo con il Console Generale. Cambiaggi scopre che “attraverso il Comites si poteva spargere la voce rispetto alle nostre rivendicazioni, incontrare e coinvolgere molte più persone di quante pensassi. Abbiamo parlato con i Parlamentari che rappresentano gli italiani all’estero, solitamente inaccessibili. Sebbene non sia cambiato molto, c’è stato un riavvicinamento alla e della comunità italiana a Londra”. 

I Com.It.Es., Comitati degli Italiani all’Estero, svolgono una funzione di intermediazione fondamentale tra cittadini italiani all’estero e rappresentanze diplomatico-consolari. In breve, attraverso le loro attività, raccolgono le istanze della comunità di riferimento e promuovono iniziative culturali e sociali, in collaborazione con l’Autorità Consolare, altre autorità competenti, enti, associazioni e comitati. 

Cambiaggi entra in una lista del Comites di Londra con una componente femminile importante, viene votata ed eletta Consigliera, assumendo un ruolo attivo nella tutela dei diritti e degli interessi della comunità italiana della capitale. “L’impegno con il Comites è diventato presto più un lavoro che volontariato collaterale. Mi permette di stare vicino a questioni che sono d’interesse collettivo per la comunità e che, in aggiunta, mi interessano personalmente. Per esempio, mi sono avvicinata alla comunità di accademici italiani che fanno studi nel Regno Unito, che hanno esperienze di mobilità simili alla mia e che fanno ricerca su temi sensibili come l’emigrazione italiana e il multilinguismo”. 

Il contributo di Cambiaggi nel Comites è guidato da due intenzioni principali. Spiega: “Una parte di pubblica utilità che risponde alla mia natura squadrata e scientifica e consiste nel dare informazioni precise e pratiche, che vanno dal come ottenere il codice fiscale alla procedura per la richiesta dello SPID. Poi, una parte più riflessiva: penso sia fondamentale trovare uno spazio di pensiero comunitario relativo alle nostre storie di espatriati, su temi caldi come il multilinguismo, le identità multiple delle nostre figlie e dei nostri figli, le questioni psicologiche legate alla mobilità. Perché di spazio mentale, quando ci si trasferisce, ne rimane poco: tra lavoro, famiglia e adattamento, il tempo si restringe, e allora la riflessione va coltivata collettivamente”. 

Il futuro e la circolarità dell’espatrio

“Quando mio marito mi ha chiesto di sposarci, ho risposto ‘Sì, se mi prometti che un giorno torniamo in Italia’”. Oggi, Anna e il marito si preparano a quello che per lei è un rientro, per lui un altro espatrio, a dimostrazione di quanto le traiettorie, anche all’interno di una coppia di lunga durata, possano avere disegni differenti. Il trasferimento non ha ancora una data, ma è all’orizzonte e nei loro pensieri. E’ un’idea di rientro che è stata nutrita, preparata, immaginata insieme, che ha il ritmo lento del cullare e che, secondo Anna, chiude un cerchio. 

Ho vissuto più tempo della mia vita fuori dall’Italia che dentro, ma non ho mai tagliato i ponti. Tre anni fa abbiamo comprato casa in Liguria, nel mio, nel nostro, posto felice in Italia. Il luogo dove ci siamo sposati, il luogo delle vacanze dell’estate. E’ un tornare indietro ma anche un andare avanti, che ci conduce al ‘cosa faremo’, e alle molte possibilità che ci sono di fronte a noi, come famiglia. Siamo in quattro ad avere la doppia cittadinanza e, come abbiamo fatto con l’Italia, vogliamo mantenere vivo il rapporto con Londra”. Per quanto riguarda il “capitolo figli”, per Anna è importante creare approdi nei due luoghi anche per loro, affinché vi si possano muovere “in between” come desiderano. “I due ancoraggi tra Italia e UK che già hanno sperimentato li ha aiutati a scoprire che potranno avere ancoraggi dove vorranno. Decideranno loro dove sentono che è più giusto stare”. 

Cambiaggi è consapevole di quanto la teoria del rientro possa essere diversa dalla pratica, e quanto sia importante partire senza romanticizzare; il suo ritorno in Italia è quello di una persona che, comunque, ha vissuto la propria vita adulta altrove. La sua coscienziosità tocca un punto spesso doloroso per tanti – emigrati e non – che idealizzano il momento del rientro. 

Mi preoccupa il fatto che per mio marito sia un nuovo espatrio, con tutto ciò che comporta psicologicamente, che non abbia mai vissuto stabilmente in Italia se non per vacanza, che non sappia parlare bene l’italiano. Non voglio che si senta isolato per la distanza dalla sua rete di relazioni inglesi, ma allo stesso tempo non voglio sentire l’intera responsabilità della vita sociale, come coppia, sulle mie spalle. Non voglio che, in qualche modo, sia ‘dipendente’ da me, in questo. So che sentirò nostalgia: del Regno Unito mi mancheranno la diversità e l’apertura, la visione più aperta e tollerante nei confronti dell’umanità”. 

“A quali luoghi senti di appartenere?”

Londra e Genova, la Liguria. Sento la mancanza viscerale del mare”, risponde Anna. “Il fatto di esserci spostati tanto, come coppia, e che i nostri figli continuino a farlo, ci ha dato curiosità rispetto al mondo, anche se ci si muove con intenti diversi e prospettive diverse, in momenti di vita differenti”, aggiunge.

Concludiamo l’intervista. Guardo Anna davanti alle nostre pizze di una catena londinese (no, la pizza non era per niente male. Sì, sapeva abbastanza di casa). Nella sua storia c’è consapevolezza delle fortune che ha avuto, ma intravedo scelte dure, che le sono costate fatica. Mi ricorda che, al di là di qualunque retorica, migrare è anche doloroso. Per migrare, per separarsi, per trasformarsi, c’è bisogno di avere gente attorno. C’è bisogno di più reti, qui – dove arrivo -, , da dove sono partita. C’è bisogno di supporto collettivo, di qualcuno che ti guidi, che ti racconti il come si fa, il lato pratico dell’espatrio, ma anche il come ci si sente. E’ una cosa che Anna, nel suo ruolo e nella sua persona, nel suo rigore e nella sua umanità, sa fare benissimo. Parola di emigrata italiana a Londra.  

Note e link esterni:

*Ornella Tarantola, storica libraia italiana da oltre trent’anni a Londra, Carla Molteni, presidente di AISUK, e Simona Spreafico, chairperson de Il Circolo – Italian Cultural Association di Londra, hanno rappresentato altri due nodi fondamentali della rete che ha permesso lo svolgimento di Traiettoria in Europa nella sua edizione londinese di marzo 2025. 

Questo articolo fa parte di una piccola serie sul benessere psicologico in mobilità internazionale, pensata per chi si trova in una traiettoria d’espatrio ma anche per chi quella traiettoria la osserva, talvolta da lontano.